Il segreto non è prendersi cura delle farfalle, ma prendersi cura del giardino, affinché le farfalle vengano da te.
Alla fine troverai non chi stavi cercando, ma chi stava cercando te.
M. Quintana
Questa che state per leggere è una recensione al contrario di un libro al contrario, ma vediamo perché.
La recensione inizia dalla fine e cioè dai motivi per cui leggerlo e soprattutto la tipologia di lettori a cui è indirizzato: questo è davvero un libro per tutti, qualsiasi tipo di essere umano. Si può dire che non ci sia lettura più inclusiva di questa perché di errori si parla e da questo siamo tutti accomunati. Perché leggerlo? Perché questo è un libro che parla. Okay, va bene, tutti i libri ci parlano più o meno di noi, dei nostri sogni, delle aspettative deluse e di quelle realizzate ma questo libro parla dei nostri errori e del perché anche l’essere umano modello, il cittadino più zelante, perfino uno dei professori più acclamati dall’editoria, li abbia commessi e li commetta. E qui arriviamo al nocciolo della questione: un libro al contrario perché in queste pagine il Prof. Galiano fa quello che poche volte gli adulti e soprattutto gli insegnanti fanno: si rivela. Si rivela ai lettori, ai suoi studenti, ai colleghi, ai genitori e soprattutto a se stesso (o a sé stesso come preferisce lui). Lo fa con semplicità, partendo dal sé bambino di otto anni e analizzando le tipologie di sbagli commessi nella vita, andando a scavare nel “sottosuolo” dei ricordi da non condividere. I professori, specialmente, non lo fanno- potremmo dire che gli adulti in genere sono restii a farlo- perché noi siamo quelli che hanno le risposte, quelli che correggono gli altri, quelli che insegnano come si fa e come non si fa. In realtà non è affatto così e Galiano ci mostra come, quando abbiamo l’umiltà e soprattutto la forza di accollarci questa fatica del vivere, condividere gli errori, gettare la maschera può essere una liberazione ma anche una rivelazione per vivere meglio sia con noi sia con gli altri, per raggiungere obiettivi che ci precludevamo da soli.
Non voglio anticipare troppo, perché secondo me è davvero un libro che merita una lettura ma vi dirò che mi ha colpito molto la parte sull’ansia. Troppo spesso ormai, nella nostra società e di riflesso nelle nostre scuole, l’ansia ha conquistato il valore di status sociale insieme allo stress: adulti e meno adulti vivono perennemente in stati d’ansia e stressati dal lavoro, dalle relazioni. L’ansia viene diagnosticata dagli specialisti dei disturbi dell’apprendimento come un vero e proprio limite (sapete quante volte la diagnosi di uno specialista riposta la parola “ansietà”) come se fosse una situazione extra-ordinaria. Galiano, prendendo in prestito le parole di Kierkegaard: l’ansia è il sentimento degli uomini liberi e nasce dal non sapere quale sarà l’esisto di un evento e in che modo le nostre scelte lo condizioneranno. E qui mi riaggancio a quello che dico a chi mi pone di fronte alle proprie ansie: l’ansia è nostra amica se sappiamo gestirla perché può essere sia campanello d’allarme sia un impulso a fare del nostro meglio. Dobbiamo essere noi a gestirla e non farci gestire da lei. L’ansia è vertigine, quel senso di vuoto che ti prende di fronte all’infinito (o alle infinite possibilità) ma non è repulsione, semmai attrazione, come canta Lorenzo Jovanotti “la vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare, mi fido di te…”. Per cui fidatevi di me, leggete questo libro perché la perfezione non esiste e per imparare qualcosa in questo viaggio chiamato vita, non si può far altro che sbagliare. Sbagliare per imparare a reagire, a rialzarsi dopo una caduta, ad essere individui nonostante e non individui se, a vivere secondo l’hakuna matata ma non accontentarsi della propria confort zone. L’arte di sbagliare alla grande è il solo modo che l’essere umano ha per imparare a vivere.
Parola di Prof. Galiano.
Annamaria
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