Donatella Di Pietrantonio – L’arminuta

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Ecco svelate da Donatella Di Pietrantonio tutte le distanze che separano la periferia rispetto al centro. Distanze geografiche, culturali, sociali ed affettive. Il nervo scoperto delle dinamiche familiari nel contesto rurale degli anni ’70.

Il quadro di un’Italia spaccata tra le contraddittorie, apparenti felicità e facilità della borghesia di città che tutto si può permettere ed il mondo periferico fatto di braccianti ed operai che faticano per un tozzo di pane da portare a tavola; gente che sotto una scorza dura mostra cuori che battono per le disgrazie ed i dolori che la vita sembra proporre loro in continuazione.

La continua contrapposizione tra “il paese” e “la città” raccontata attraverso l’intimo girovagare per l’adolescenza de l’arminuta, “la ritornata”, tredicenne contesa e rifiutata da due famiglie, costantemente sospesa sul confine tra amore ed abbandono. Il dolore della perdita e la volontà di farsi accettare dal mondo che l’ha abbandonata.

Ritrovarsi all’improvviso catapultata in una realtà familiare nuova, nella fatica della vita di paese, tra parenti mai conosciuti prima, dove la tavola offre il poco che l’indigenza consente, rende l’abitudine e gli agi del benessere cittadino ancor più difficili da smontare. Eppure la sofferenza ed il disagio finiscono col lasciare spazio alla scoperta di affetti e legami nuovi: una sorella minore tanto grezza quanto genuina e leale; un fratello maggiore che flirta con l’illegalità ed un fratellino “ritardato” bisognoso di attenzioni; e persino una madre naturale severa e distaccata apparentemente incapace di dispensare affetto. Ma l’idea di fuga e di ritorno alla città restano una costante nella testa dell’arminuta; la prima madre, le amicizie, la danza. E le profonde incertezze sul perché sia stata abbandonata.

Non ha neppure un nome, l’arminuta. Quasi a voler rendere ancora più accentuata la sua apparente “invisibilità” affettiva.

Non ha un nome nemmeno “il paese”. E neppure “la città”. Quasi a voler generalizzare geograficamente un contesto che avrebbe potuto essere un po’ ovunque. A voler semplicemente sottolineare la differenza tra il mondo rurale e quello urbano.

Scava profondo nel più atavico dei sentimenti umani, l’arminuta, il legame materno e quello familiare mettendone in evidenza l’aspetto fluttuante ed ingannevole.

Un romanzo intenso, triste, profondo e delicato, ricco di inflessioni dialettali che ne acuiscono le tonalità familiari. Storia di dolore, amore, morte, incesto, dignità, speranza e rassegnazione. C’è quasi tutto. E scorre via attraverso pagine asciutte, schiette ed incisive.

 

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