«Mi aspettavo quest’accoglienza», disse il demonio. «Tutti gli uomini detestano gli infelici; quanto, dunque, devo essere detestato io, il più infelice di tutti gli esseri viventi! Anche tu, mio creatore, detesti e disprezzi me, tua creatura, alla quale sei legato da un nodo che si può sciogliere solo con l’annientamento di uno dei due. Vuoi uccidermi. Come puoi giocare così con la vita?»
Da “Frakenstein o il Moderno Prometeo”, M. Shelley
Londra, 1982: i Beatles non si sono sciolti, John Lennon è vivo e vegeto e produce canzoni a più non posso, Margareth Thatcher ha perso il consenso popolare insieme alle Isole Falkland e Alan Turing non è mai morto, regalando al progresso scientifico il proprio contributo per la nascita di una nuova forma di vita: l’Intelligenza Artificiale. Un “altro” 1982, in parte diverso da ciò che stato in parte afflitto dagli stessi problemi di elevato tasso di disoccupazione e inflazione, suicidi, stupri, abbandoni infantili che ci sono effettivamente stati.
In questa dimensione ci appare Charlie Friend (occhio al cognome, che appare alquanto profetico nello svolgimento del romanzo), un moderno Victor Frankenstein ossessionato dalla Scienza e dal Progresso. Charlie è un uomo mediocre, che svolge un lavoro mediocre e che negli ultimi 32 anni della propria vita ha sempre vissuto un’esistenza mediocre appunto. Dopo aver ereditato un’ingente somma potrebbe cambiare vita, trasferirsi in un quartiere migliore di Clapham, comprare un appartamento più decoroso di quello in cui vive in affitto, rimettere insomma la propria vita su più agiati. Invece, complice la sete di conoscenza, investe tutti i propri risparmi nell’acquisto di un Adam, un esemplare raro di androide di ultima generazione. Acquista il proprio “giocattolo” senza rendersi pienamente conto delle conseguenze di ciò che ha fatto, proprio come Victor Frankenstein. E proprio come la creatura del romanzo di Mary Shelley, l’Adam di McEwan si trova a provare emozioni e sentimenti, ad avere un io senziente e a cercare l’amore e la compagnia di una donna, Miranda, la fidanzata di Charlie.
McEwan ci descrive un futuro distopico, raccontandoci il passato e questo è, in certi punti, disorientante. Dalla seconda metà in poi, dopo aver compreso che anche se il nostro passato fosse stato diverso i risultati in termine di ignoranza nella percezione e nel rispetto dell’Altro- umano o androide ha poca importanza- sarebbero stati gli stessi.
Il romanzo è ricco di riferimenti a Shakespeare, Montaigne e Asimov come pure alla matematica quantistica e ripercorre, con una certa attinenza storica- almeno fino al punto in cui il piano della Storia e quello della fiction combaciano- le vite e le scoperte di Einstein e Turing. I nomi dei protagonisti sono evocativi: Charlie Friend tradirà infine l’amicizia del suo “giocattolo”; Adam, proprio come il primo uomo creato da Dio e come la creatura Shelleiniana, sarà ripudiato dal proprio “padre” per il tradimento commesso. Più complesso il personaggio di Miranda, ispirato a “La Tempesta” di Shakespeare appare inizialmente come una “spalla” fino poi a diventare la detentrice di un segreto, colei che con abili mosse deciderà il destino di Adam e Charlie.
McEwan non mi ha delusa e credo che proseguirò nella lettura delle sue opere.
La traduzione di Susanna Basso, attenta e dettagliata, rende la lettura scorrevole anche nelle parti più opache.
Consigliato per gli amanti del distopico, alla ricerca di altri mondi possibili.
Annamaria
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