Nella cinquina dei finalisti dell Strega 2021 troviamo L’acqua del lago non è mai dolce, di Giulia Caminito, terzo romanzo dell’autrice, meritevole di attenzione al di là del piazzamento al Premio.
Il lago del titolo è quello di Bracciano, dove l’acqua non è mai dolce ma sa di benzina, di fango, di creme solari, i fondali nascondono relitti e segreti e le sponde raccolgono i frammenti della vita del paese. Come il lago, un vulcano spento, la protagonista, il cui nome viene rivelato solo nelle ultime pagine del romanzo (tanto che a un certo punto della lettura ci si ritrova a chiedersi se mai lo si scoprirà) cova in silenzio rabbia e ribellione, sentimenti feroci pronti a esplodere e a disseminare lapilli e lava su chi le sta intorno, amici o nemici che siano.
Il perché di tanta furia lo si capisce facilmente appena ci si fa un quadro della situazione familiare di Gaia (eccolo, il nome, che più contraddittorio non potrebbe essere). Cresciuta da Antonia, madre autoritaria, dal pugno di ferro e indurita da una vita cattiva e sfortunata, vive insieme al fratellastro Mariano, due fratellini gemelli e il padre, rimasto invalido a seguito di un incidente sul lavoro. Gaia condivide con loro spazi angusti, tristi e sporchi, vivendo in quella povertà che non è fame ma che significa non avere mai niente di nuovo o di proprio, che ti costringe all’umiliazione del brutto, a recuperare oggetti riciclati per i più svariati usi. Gaia lotta quotidianamente per farsi strada senza avere né bussole né mappe e ingaggia continue battaglie, sia sul piano dell’identità, sia sul piano dell’insubordinazione alla madre, tanto insensibile quanto inflessibile.
Il romanzo è spesso un vero pugno allo stomaco, la protagonista non si fa amare, anzi, ma la Caminito riesce a farci provare lo stesso sentimento di tenerezza, come verso una figlia da proteggere o una sorella da difendere.
È un bel romanzo, la prosa può forse spiazzare, ma non annoia mai e si fa leggere tutto d’un fiato.
Manu
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