Dalla tradizione inglese e più ancora da quella statunitense stanno prendendo piede anche in Italia i “legal thriller”. È un genere che incontra molto successo e, personalmente, anche il mio gusto perché, se fatto bene, non si focalizza solo sul crimine e sulla sua risoluzione, ma soprattutto sulla speculazione psicologica intorno agli imputati e ai testimoni del reato posto a giudizio.
Il protagonista di “Cena di classe” è una new entry nel mondo della giallistica, si tratta dell’avvocato torinese Giacomo Meroni, chiamato a difendere un grigio e mesto cinquantenne, l’ingegner Riccardo Corbini, accusato di uno stupro e un omicidio avvenuti trentaquattro anni prima.
Si ritorna al 1984, quando in una sera di giugno sulla collina di Torino si svolge una festa in cascina, la classica ultima cena di una V liceo, pochi giorni prima dell’esame di maturità.
Partecipano quasi tutti gli alunni, più alcuni professori, che dopo aver allegramente cenato ed essersi scatenati nei balli sull’aia con la musica a tutto volume se ne tornano felici e contenti a casa. Tutti tranne una ragazza, Antonella Bettini. Le amiche non si accorgono della sua scomparsa, credendo che la loro compagna sia salita su una macchina o su un’altra; Antonella invece viene ritrovata nel fienile, seminuda e con la testa fracassata da una picconata.
L’efferato delitto rimane impunito per un lungo tempo, finché nel 2016 viene arrestato uno dei compagni di liceo che aveva partecipato alla festa, Bruno Vallardi. Di quello che da giovane era il maschio più ambito della classe per il suo fisico e la sua aria da “bello e dannato”, da adulto non ne rimane che l’ombra. Sbandato, la fedina penale macchiata da piccoli precedenti penali, Vallardi una sera viene arrestato dopo una notte brava, completamente sbronzo. Dopo avere molestato una donna e aver provocato una rissa, Bruno aveva dichiarato di essere un tipo pericoloso, tanto da aver già ammazzato qualcuno, autoaccusandosi dell’omicidio di una ragazza, precisamente una sua compagna di scuola. Per grande sfortuna del Vallardi un poliziotto sotto copertura, che era intervenuto a sedare la baruffa nel locale, assistite ai suoi sproloqui insieme a diversi altri testimoni. Così, sulla base di un processo indiziario, l’uomo viene incarcerato e il caso chiuso.
Perché allora, a distanza di due anni, il PM Mario Rossi scarcera il Vallardi e produce un’ordinanza applicativa di custodia cautelare e sbatte in prigione Riccardo Corbini? L’uomo, che era stato interrogato a suo tempo, aveva dichiarato, con conferma dei suoi compagni, di non aver partecipato a quella cena. Dunque perché?
Il motivo è la comparsa sulla scena della madre di tutte le prove, quella che nel 1984 neanche ci si immaginava che potesse esistere: un fazzoletto di carta usato, ritrovato sul luogo del delitto, repertato e conservato per tutti quegli anni, con sopra l’impronta genetica del Corbini: la famosa, inconfutabile prova del DNA.
A questo punto si riaprono i giochi, da cold case la vicenda torna ad essere di freschissima attualità e l’avvocato Meroni, coadiuvato dalla sua assistente praticante, la giovane dottoressa Giulia Cannizzaro, deve industriarsi per ricostruire, scavando tra le menzogne e le mezze verità, quello che realmente è accaduto quella notte nel fienile della cascina. Si tratta di confermare il colpevole, condannato da una prima sentenza, oppure di sostituirlo con un nuovo imputato. Salvare un innocente da un possibile errore giudiziario ha un peso diverso che garantire semplicemente al suo assistito un giusto processo, anche se il compito dell’avvocato non è stabilire quale sia la verità, e questo Giacomo lo sa bene.
“Ma il punto non è se sia stato lui o meno Giacomo, tu non devi giudicare, lo devi difendere. Il giudizio spetta alla Corte e tu devi fare in modo che la Corte non trascuri alcun elemento che possa giocare a favore del tuo cliente. Ogni tanto ho l’impressione che tu ragioni ancora come quando ti ho conosciuto”.
“Cioè?“
“Che tu ragioni ancora da carabiniere, e non da avvocato”.
…ed è vero perché Il nostro patrocinatore affronta la professione con una doppia anima, quella del carabiniere che è stato, prima di entrare a far parte dello studio legale Actis-Meroni, così come carabiniere era stato suo padre, morto con la divisa addosso nel 1987.
La divisione fra indagine difensiva e indagine investigativa è sottile, ma quella più preziosa, a mio avviso, è l’indagine psicologica, che mette a nudo, piano piano, tutti i personaggi, sia quelli principali che le comparse.
Il romanzo, non dimentichiamolo, è scritto a due mani, dal professor Alessandro Perissinotto, noto giallista con ventennale esperienza editoriale, insieme all’avvocato penalista Piero D’Ettorre, al suo esordio narrativo ma con alle spalle molti anni di lavoro in Cassazione.
La loro collaborazione ha prodotto un risultato ben riuscito, in questo romanzo la penna del Professore ha saputo rendere affascinante e coinvolgente un mondo grigio e fumoso come quello dei tribunali, spiegandocene le dinamiche e ricostruendolo perfettamente, riportando la voce di chi lo ha vissuto e introitato per anni, come D’Ettorre. Diciamo che il lavoro di questa nuova ma già affiatata coppia letteraria si potrebbe assimilare a quello di un regista che opera in sinergia con lo sceneggiatore: uno apparecchia la scena e l’altro la anima. Mi è sembrato che l’esperienza letteraria di Perissinotto, in mash up con quella forense di D’Ettorre, si siano ben equilibrate e la componente tecnica, dettata dall’addetto ai lavori, pur essendo appunto “tecnica”, riesce ad arrivare con efficacia al lettore grazie alla straordinaria capacità di storytelling del Prof.
Non mi resta che aggiungere una cosa: la trama principale è quella che vi ho raccontato, ma esiste una sottotrama, quella che narra di Rossana, la moglie di Giacomo, investita da un’auto pirata l’11 settembre del 2001. Sì, è proprio quella la funesta data, e da quel giorno Giacomo, che ha soprannominato l’investitore Bin Laden, non si dà pace e cerca di dare un finale di giustizia alla disgrazia accaduta alla moglie, rimasta sulla sedia a rotelle. Dunque se in questo primo romanzo si chiude il cerchio intorno al delitto Bettini, la caccia al pirata della strada ci offe un cliffhanger per un episodio successivo.
Alla prossima avventura, avvocato Meroni!
Manu
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