Un romanzo tagliente come un bisturi, o forse sarebbe meglio dire un taglierino, per usare uno strumento tanto caro al protagonista.
Un thriller psicologico di quelli che non lascia spazio al respiro, ma mantiene il lettore sui fili dell’alta tensione dalla prima all’ultima riga.
Un romanzo dai toni grigio neri, una città dove il sole sembra non arrivare e sembra avvolta in una notte continua.
Una malattia che diventa un valore aggiunto del personaggio, perché lo rende più ricettivo e intuitivo rispetto ai crimini su cui si trova ad indagare.
Non è un romanzo facile, e secondo me non è un libro per tutti. Tocca il cuore e le corde di chi non teme di guardare in fondo a quell’abisso che, se lo sfidi, ti guarda dentro. Ti sbatte in faccia una realtà scomoda, quella che vorremmo tutti nascondere sotto un rasserenante tappeto emotivo per continuare a condurre una vita appagata e prima di scossoni. E lo fa senza sconti.
Ferdinando Salamino ha il potere di turbare, scuotere e talvolta di ferire, magistralmente con la sua penna almeno quanto Michele Sabella e il suo taglierino.
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