Francesco Guccini/Loriano Macchiavelli – Tempo da Elfi

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Casedisopra: un paesino dove il tempo sembra essersi fermato. In provincia della più nota Reggio Emilia, è chiuso su se stesso negli Appennini, dove tutti si conoscono e gli adulti di oggi sono i ragazzini che sono stati visti crescere da chi, oggi, vive l’anzianità con i ritmi lenti e pacifici della montagna.
La tranquillità del borgo però, viene spezzata da due colpi di fucile e il ritrovamento di un cadavere ai piedi di un dirupo. La vittima, sembra essere un elfo: uno di quei ragazzi che, da qualche tempo, sono arrivati ad occupare le case abbandonate del paese e degli agglomerati di case limitrofe, vivendo di pastorizia e piccolo artigianato, in cerca forse di quella pace che nelle moderne città pare dimenticata da un pezzo. Ad indagare Marco Gherardini, detto Poiana: ispettore della Forestale in attesa di capire quanto l’essere assorbiti dall’Arma dei Carabinieri influenzerà il suo lavoro e quello dei suoi uomini, si ritroverà a dirigere un’indagine difficile tra omertà, omissioni e silenzi misurati. E l’ipotesi di un amore.

È un ritmo lento quanto le giornate montane, quello che caratterizza il giallo scritto da Guccini e Macchiavelli. Lento e scorrevole. La sensazione che ho avuto è che la montagna con i suoi odori, le sue regole, “i boschi, lupi e altri misteri” come recita la copertina, fosse la vera protagonista del romanzo e la storia un pretesto per accendere su di lei i riflettori. Di fatto l’indagine dà la sensazione di fare da sfondo dei paesaggi così ben descritti da andare oltre l’immaginazione visiva. I sensi ne percepiscono la forza e la potenza anche con più profondità dei personaggi stessi, alle volte.
Leggere è stato come fare un viaggio fuori dal tempo, godersi i boschi e l’aria tersa per qualche giorno prima di tornare, anche con un certo conforto, al caos di tutti i giorni.

Aprì la porta. Lo accolse un’alba bella, chiara, da estate arrivata da poco. Illuminava il cielo dietro la cima di Monte Paradiso. Qualche minuto e il sole avrebbe sfiorato Picco Alto di Monte della Vecchia, dall’altra parte, a tramontana. Dopo, il sole passava sul Picco Basso.
Fin da bambino e anno dopo anno, Marco Gherardini riviveva così le sue stagioni.

 

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