Quattro chiacchiere con… Lorenzo Franchini

Hai accettato di raccogliere la sfida del Concorso, perchè per te la scrittura è… raccontacelo scegliendo tre aggettivi che più ti rappresentino.

Per me scrivere è distensivo e stimolante allo stesso tempo, ed è anche molto divertente (con l’auspicio di riuscire a farlo in modo che poi sia lo stesso anche per chi mi legge).

Soffermandoci sull’incipit del concorso e sul racconto che ti ha permesso di classificarti tra i vincitori, da dove è arrivata l’idea per proseguire la tua storia? E i personaggi?

L’incipit che sta alla base del concorso per me è stato una brutta bestia, non ci siamo presi bene fin da subito. Così, più che sullo spunto narrativo, mi sono concentrato sull’incipit in quanto tale. Nello svolgimento della trama ho avuto l’ardire di andare a scomodare illustri scrittori di incipit, quali Melville e Tolstoj, e consentire così al protagonista di argomentare perché l’avesse definito un incipit di m#rda (n.b.: non intendevo mancare di rispetto a nessuno, la mia è stata solo un’esigenza narrativa. Visto l’esito del concorso temo che per l’ennesima volta mi tocchi dar ragione a mia moglie: un minimo di “diplomazia”, forse, avrebbe giovato).
I personaggi: dato che l’antologia avrebbe strizzato l’occhio al genere giallo-noir i due protagonisti non potevano che essere due poliziotti, dove il sottoposto (l’appuntato Angelino Caputo, “braccia rubate alla letteratura” come lo definisce il suo capo), ruba la scena al suo superiore (il commissario Ambrogio Sampietro, “…la declinazione corpulenta di un Marlowe di provincia”).

Quali sono le emozioni che hai provato ad essere sullo stesso palco con autori affermati al Circolo dei Lettori?

Emozioni contrastanti. Venire fino a Torino è stato un piccolo sacrificio, che però ho fatto volentieri: quando mai mi ricapiterà di venir “menzionato” nel contesto prestigioso del Circolo dei Lettori? Una volta chiamato sul palco ha prevalso il rammarico per non esser stato pubblicato. Se mi posso permettere un consiglio non richiesto sarei per abolire le menzioni: in un contest dove il premio è sapere che un proprio scritto sarà letto, pubblicato insieme a quelli di autori affermati, “vincere” e sapere che nessuno mai ti leggerà ha un gusto amaro.

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