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Maurizio de Giovanni – Sorelle. Una storia di Sara

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Sara Morozzi, la donna invisibile, Sara che rinasce “al tramonto”, Sara di poche parole ma con occhi che sanno parlare per lei. A uno sguardo superficiale distaccata e disinteressata, ma in realtà consapevole più di tutti, con la sua capacità di leggere nell’animo delle persone, di cogliere dettagli che gli altri non vedono. Questo fa di lei l’amica che ognuno di noi spera di trovare: una sorella, legata da un vincolo che va ben oltre il legame di sangue.

Teresa e Sara, diverse, ma così simili, con un passato che Maurizio de Giovanni ci racconta, nel momento più buio della loro storia, con uno stile che segue il ritmo della vita di Sara: all’apparenza lento, ma denso di emozioni e sentimenti che, nonostante la concitazione degli eventi e il conto alla rovescia imposto dal pericolo sconosciuto, ma imminente, trovano il loro spazio nella malinconia e nella dolcezza del ricordo.

Legami che sono sempre emersi nei romanzi precedenti ci appaiono adesso in tutta la loro profondità; li conosciamo attraverso eventi lontani, trasformatisi nei nodi della vita dei protagonisti, in grado di stringere tra loro anime diverse in un vincolo indissolubile, fatto di empatia, affetto e supporto. “Ascoltiamo” i silenzi che hanno allontanato, ma che ora diventano la spinta per riavvicinare e cercare, con l’ostinazione di cui solo Sara si è sempre dimostrata capace, la verità e la salvezza per chi ama.

Sullo sfondo, come sempre, la famiglia della protagonista: anche questa ben oltre i legami convenzionali: Andrea, l’ispettore Pardo, Viola, Massimiliano e, ultimo solo in ordine di apparizione, Nico, che forse più degli altri, ci ha dato uno spaccato della vita interiore di Sara. E, se mi è concessa una piccola speranza da amante della serie, ce ne darà probabilmente altri.

Il ritorno tanto atteso, che ha portato il romanzo in testa alle classifiche ancora prima della sua uscita, non ha deluso.

Mimma

 

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Desy Icardi – La fotografa degli spiriti

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E’ passato un po’ di tempo da quando ho letto “L’annusatrice di libri”, e ritrovare l’avvocato Ferro è stato un piacere.

Ne “La fotografa degli spiriti”, accanto alla storia di Pia e della sua speciale dote di “vedere” l’anima delle persone al di là dell’apparenza, troviamo un giovane Edmondo, alle prese con le bizzarre trovate del suo migliore amico, i capricci della amata cugina, le aspettative e gli ordini dello zio e, soprattutto, con la tenerezza del primo avvicinamento all’amore, che conosce bene per le vicissitudini dei personaggi dei suoi inseparabili romanzi, ma che la vita reale non gli ha ma concesso di trovare per se stesso.

Due storie parallele, accomunate dall’illusione: una in cui il filo conduttore è la miseria che condanna a compromessi e sacrifici; vite in balia di promesse di riscatto che attirano oltre oceano, ma che nessuno può sapere se non si riveleranno chimere, addirittura peggiori di quello che si sono lasciati alle spalle. L’altra in cui i sogni diventano il pane di cui truffatori senza scrupoli si nutrono per riempirsi le tasche a spese dell’ingenuità di ricchi annoiati e fragili.

L’apparenza, che è il binario sui cui viaggia inevitabilmente la vita dei personaggi, si rivela, però, a un obiettivo particolarmente sensibile: l’occhio di Pia, che mette a nudo ciò che i sorrisi e le pose di circostanza nascondono. E chi meglio di lei, con il dono di vedere oltre, potrebbe essere più affine a Edmondo? Due anime predisposte a entrare, seppure in modo così diverso, nel cuore delle persone, scandagliandone la profondità e mettendone a nudo le debolezze, i sentimenti, le angosce.

Due vite così diverse, con prospettive inconciliabili, non potevano che incontrarsi e regalarsi, sfiorandosi, la libertà di cui entrambi hanno realmente bisogno: essere “visti” davvero, in un mondo che li ha sempre messi al margine della scena.

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Niccolò Ammaniti – La vita intima

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Sono trascorsi anni dall’ultimo romanzo di Niccolò Ammaniti e, diciamolo, se ne sentiva la mancanza.

Il nuovo lavoro ci presenta una protagonista e un’ambientazione, a prima vista, diversi da quelli a cui ci eravamo abituati: Maria Cristina, una donna adulta, eletta addirittura dalle riviste del settore come la più bella del mondo, moglie del premier italiano, che si muove in una Roma fatta di feste e saloni di bellezza, programmi televisivi e occasioni ufficiali.

Ma, sotto la superficie tornano gli ingredienti tipici dei romanzi di Ammaniti: la maremma, porto sicuro della protagonista, fa capolino con la sua vita “bucolica” in netto contrasto con il caos e la fretta romani; la nota stonata è, soprattutto, la mancanza degli adolescenti, padroni indiscussi finora delle storie di Ammaniti. Ma, a ben guardare, non è forse la Maria Cristina adolescente che viene fuori con le sue paure e le sue debolezze quando la “vita intima” viene messa a rischio? Quando il passato torna e porta con sé gli strascichi di traumi mai risolti ed esperienze dolorose mai affrontate, non è forse uno spettro adolescenziale che ricorre nella sua mente e la indirizza, nel bene e nel male?

Lo stile non è cambiato minimamente invece: la stessa ironia, la stessa capacità di incalzare il lettore in un crescendo di tensione che lo tiene attaccato alle pagine; la medesima dose di sottile crudeltà insita nel suo modo di descrivere la realtà, senza fronzoli, che sia quella della vita interiore o della quotidianità; lo stesso sguardo impietoso, privo di “ buonismo “ e formalismi; un linguaggio pulito, scorrevole, asciutto a tratti, che ben si adatta alle profondità della nostra anima e del luogo in cui nasconde desideri, pulsioni, pensieri inconfessabili: il posto in cui ognuno di noi confina quella vita così tanto intima da dover essere difesa a tutti i costi dall’intrusione dello sguardo altrui. E se paradossalmente dovessimo renderla pubblica per poterci finalmente fare i conti ed essere realmente liberi dalle catene che noi stessi ci siamo stretti intorno?

Con questo interrogativo Ammaniti ci guida in un viaggio nella mente confusa e nell’anima sconvolta di Maria Cristina, in un alternarsi di lucida analisi e sconsiderata folle confusione, per arrivare ad una delle tante risposte nella quotidiana ricerca della felicità.

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Alessandro Robecchi – Una piccola questione di cuore

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Per essere solo “una piccola questione di cuore”, sono tante le persone coinvolte.

Carlo Monterossi, un passato da scrittore e creatore di storie per programmi di intrattenimento, che osservando la vicenda nel suo insieme, ”avvolto dai suoi accappatoi bianchi da pugile suonato”, riflette su che cosa sia davvero questa cosa chiamata amore, capace di creare e spazzare via, unire e dividere con una violenza che tutte le parole dolci che romanzi e canzoni spendono su di lui, mai farebbero sospettare.

Agatina Cirrielli, “una pellaccia, una che ne ha viste tante e non si fa impressionare”, una con un cuore grande, che il mondo lo “fiuta” perché, nonostante tutto, non può cancellare la sua natura di “sbirra”.

Oscar Falcone, investigatore asciutto, capace di fare il suo lavoro e chiudere la questione senza strascichi, senza interesse per ciò che viene dopo. Taciturno, concreto ed efficiente. Ma anche lui, quando si tratta di amore, rimane in qualche modo imprigionato da quella sensazione “vischiosa” che ti si appiccica addosso, di dovere intervenire e ripristinare l’ordine delle cose. Ma quale sia il giusto ordine chi lo sa davvero?

Il sovrintendente Ghezzi, che dopo tanti anni di matrimonio, l’amore crede di averlo scordato e di guardarlo da lontano, ma forse, invece, lo conosce meglio di tutti.

E poi, lui, che si è ritagliato un posto speciale nel mio cuore di nuova lettrice di Alessandro Robecchi: Carella, “lo sbirro che sta sul cazzo agli sbirri, un irregolare, un cane sciolto che torna sempre con l’osso”. Un duro dal cuore più tenero di quanto non sarebbe mai disposto ad ammettere, che fa a pugni con la vita e che con l’amore sembra proprio stonare. Ma in fondo, non sarà anche questo uno dei volti di un sentimento tanto complesso e sempre capace di trovare uno spiraglio anche dove non sembrerebbero essercene?

E poi Ana, Stefano, Bianca, boss mafiosi e manager ambigui, avvocati di grido e giornalisti senza scrupoli. Vite estremamente diverse tra loro, alcune ordinarie, altre spinte ai limiti, ma tutte con una cosa in comune: ruotano intorno all’amore in tutte le sue sfaccettature. E dall’amore vengono divorati: chi perché lo rifiuta, chi perché lo sfrutta, chi invece perché ci crede talmente tanto da essere disposto a qualunque cosa.

“Una piccola questione di cuore” mette in scena una versione moderna e originale di un binomio ben noto alla letteratura: amore e morte. E a ricordarci che così è sempre stato e sempre sarà, i versi del Bardo dell’Avon, che uno come Monterossi non poteva non richiamare alla mente:

Go hence, to have moretalk of these sad things
Some shall be pardoned, and some punished
Fore never was a story of more woe
Than this of Juliet and her Romeo.

Mimma

 

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Valeria Corciolani – Di rosso e di luce

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Edna Silvera torna ed è in gran forma: splendente nel suo abito elegante a una festa dell’alta società, con la sua intelligenza vivace e i suoi modi irriverenti brilla nell’indagine in cui si trova – di nuovo – involontariamente implicata.

Anche questa volta un mistero diventa pretesto per digressioni artistiche che ci riportano a tecniche pittoriche, alla ricerca di significati nascosti nei colori e nei simboli. Come era stato per il giallo nel precedente romanzo, qui è il rosso, in tutte le sue tonalità, a dominare la scena. D’altra parte il rosso, è il colore per eccellenza del file rouge – termine più appropriato che mai, che lega le storie che si intrecciano nel nuovo romanzo di Valeria Corciolani: la passione. Quella di Edna per l’arte e la scoperta, quella del Cavalier Petracchi per i suoi preziosi cimeli da mostrare nel suo piccolo personale “museo”, quella per il proprio lavoro, che porta Lara, timida giovane investigatrice, ad affrontare i fantasmi del passato e del presente a sbocciare, pagina dopo pagina, sotto gli occhi del lettore.

Perfino Edna, in questo tripudio di rosso, colore del fuoco e dell’amore, diventa più malleabile e disposta al contatto con gli esseri umani, da cui ha scelto di isolarsi insieme alle sue “umanissime” galline, uniche compagne nella sua anelata solitudine sulla collina genovese.

La danza del pesce scarlatto mima perfettamente il vagare di Edna e della sua solita squadra di aiutanti, arricchita da una ex allieva rivalutata e da un bel tenebroso (e chi potrebbe avere più dimistichezza con il rosso “sanguigno”, di un affascinante cardiochirurgo?); un continuo passaggio tra miniature del Seicento e statuette Ming, colline genovesi e casali piemontesi, amori passati e futuri, reali o presunti, badanti dalla ferrea disciplina e dimore lussuose e antiche che sembrano uscite da un romanzo di una Agatha Christie dell’era moderna, con tanto di maggiordomo (“nei romanzi gialli d’appendice pare sia sempre il colpevole, nonostante ciò lo scoprono sempre alla fine”).

Quindi… bentornata professoressa Silvera. Alla prossima avventura, certi che le promesse dei nuovi arrivi, non ci deluderanno.

Mimma

 

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