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Sara Magnoli – Dark web

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Il dark web (in italiano: web oscuro o rete oscura) è la terminologia che si usa per definire i contenuti del World Wide Web nelle darknet (reti oscure) che si raggiungono via Internet attraverso specifici software, configurazioni e accessi autorizzativi. (fonte Wikipedia)

Certo, nulla di nuovo, conosciamo più o meno cos’è il Dark Web, i pericoli e le insidie che si nascondono nel buio, l’orrore della pedopornografia. Ma la storia raccontata qui da Sara Magnoli è agghiacciante e quanto mai realistica.

Ho letteralmente divorato questo libro, letto in poche ore, un ritmo talmente incalzante e ad alta tensione che ho ancora la pelle d’oca.

Ho seguito la storia di Eva con apprensione, ansia, paura ; sensazioni forse amplificate dal fatto di essere madre di una ragazzina della stessa età di Eva. Una tensione narrativa che non lascia un attimo di tregua, attimi in cui vorresti gridare a Eva di star lontana dal lato oscuro, di non cascarci, di fidarsi solo dei genitori e parlare con loro!

Ma, in fondo, parlo con la visione di una madre, mentre la storia è vissuta e descritta in prima persona dalla protagonista, una quattordicenne che vive per i social, per ottenere più like, nell’era di Instagram, Whatsapp e Facebook, quest’ultimo meno perché, come dice la stessa Eva “è più lento, più da vecchi“.

Eva Vesna (questo il suo avatar su Instagram) sogna di diventare una famosa influencer di moda e crede finalmente di poter realizzare il suo più grande sogno entrando in contatto con uno dei più seguiti profili Instagram. Lui la porterà al successo. Ancora non sa che questo la porterà verso un incubo dal quale non saprà come uscire, arrivando a compiere gesti disperati e fuori controllo.

Oltre quello schermo, infatti, oltre quell’avatar così accattivante, Doom Lad, c’è una figura oscura, un ragno che sta tessendo una tela per catturare la sua preda e darla in pasto ad altri ragni che attendono nel buio.

“Nessuno è amico di nessuno nella rete nera, nel dark web. Lì non si è semplicemente nel profondo. Lì si è nelle tenebre. Tra i signori delle tenebre. Molto più mostri di quelli che qualsiasi artificio letterario, qualsiasi ricostruzione in videogame, qualsiasi pensiero potrebbe riuscire a creare.Tra mostri reali. Veri. In carne e ossa. Pronti a sbranare. Non aspettano altro.”

Un romanzo per ragazzi, sì, ma sicuramente per adulti, genitori, insegnanti. Da diffondere come lettura nelle scuole, per sensibilizzare il più possibile ragazzi e genitori su un argomento che a volte è sottovalutato da entrambi. Ricco di spunti di discussione per tutti: da notare che si parla anche di bullismo e cyberbullismo, temi quantomai attuali tra i giovani purtroppo.

Faccio i miei complimenti all’autrice che non ha mai allentato la corda della tensione e ha saputo disseminare diversi spunti di riflessione in più parti del testo.

Vi lascio con un estratto finale che mi ha davvero colpita:

“Rocce di burro. Gli adulti sono strani. Si perdono in un bicchiere d’acqua. Non ci ascoltano. Sembrano forti, quando ti urlano nelle orecchie che cosa non va bene, come sono scontenti di te, che non sei la figlia che si aspettavano, che li deludi. Poi quando c’è un problema serio li vedi lì, molli molli come se fossero burro fuso. Sono una roccia di burro.”

 

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Stefano Mancini – L’enigma del Führer

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Il thriller che non ti aspetti.

Ecco come sento di definire a primo impatto questo romanzo di Stefano Mancini. L’autore ha creato un mistery thriller davvero originale. Nonostante il tema sia trattato in moltissimi libri, ha tirato in ballo una realtà che, mista ad una componente misteriosa, ci regala un’avventura al cardiopalma che catturerà anche i più scettici, fin dalle prime pagine, senza mai mollare la presa.

La narrazione, sempre incalzante, si alterna tra due spazi temporali perfettamente gestiti: gli avvenimenti degli anni 30-40 e quelli del 2020.

Nel passato troviamo il giovanissimo scienziato Günther Klein che racconta, attraverso la stesura di un diario, i primi albori del nazionalsocialismo in Germania, l’influenza che il giovane subisce dal carismatico Hitler, al punto di entrare nelle fila del Partito Nazista e diventare collaboratore principale e stimatissimo dal Führer. Il percorso della sua vita lo porterà a trasferirsi in altro Paese per seguire un progetto segretissimo per conto del Reich.

Nel presente Ethan Cooper, giornalista, si trova coinvolto in un incidente dove un uomo, sbucato improvvisamente sulla strada, si lancia sotto la sua macchina e, in fin di vita, gli lascia due oggetti e un messaggio criptico. Da qui partono le ricerche per scoprire quale eredità l’uomo misterioso gli abbia lasciato. Conoscerà così Kirsten, fisico ex CERN e con lei cercherà di risolvere gli enigmi nelle sue mani.

Un vortice di eventi mozzafiato porterà i due a scoprire cose sempre più sconvolgenti, risolvendo enigmi, decodificando codici cifrati, cercando di scappare da quegli uomini in nero che li seguono e pare vogliano carpire a tutti i costi le loro scoperte. Rischieranno la vita fino all’ultimo per cercare di salvaguardare una scoperta che, se resa pubblica, potrebbe cambiare drasticamente il futuro dell’intera umanità.

Tutti i personaggi, principali e secondari, sono così ben caratterizzati che si crea con essi un’empatia che cresce, pagina dopo pagina. Ethan tra l’altro subirà anche un cambiamento, ci sarà un’evoluzione del personaggio nel corso della storia. L’ironia e la pedanteria di Larry, l’aiutante informatico, spezzano la tensione anche nei momenti più difficili. Mancini crea dialoghi molto semplici, diretti, spesso divertenti, veloci, come veloce è la sua scrittura che corre al ritmo della storia. Ci descrive le atrocità del Reich, i sensi di colpa di chi si è ritrovato coinvolto in una cosa più grande e più orribile di quanto potesse immaginare. Il Buono e il Cattivo sempre a confronto: giusto o sbagliato? Scelte da prendere, legami a cui rinunciare. Coraggio da tirar fuori, a costo della vita. Storie di amore, di amicizia, di odio e potere. Ogni personaggio coinvolto dovrà confrontarsi con tutto questo.

«Siamo quel che siamo. E io non ho rimpianti. Sarei stato ben più infelice se avessi dovuto fingere di essere qualcun altro. Ho fatto delle scelte. E rispondo di quelle. Senza rammarico, se non quello di aver servito una nazione che punisce l’amore e glorifica la violenza.»

Una storia realistica e fantastica insieme, una storia che non ti aspetti. La bravura dell’autore è stata anche quella di inserire un evento fantascientifico, senza creare stravolgimento, come fosse il decorso naturale della vicenda, facendo riferimento ad un presunto incidente aereo misterioso avvenuto nella Foresta Nera nel 1936. Evento basato su documenti e indiscrezioni trapelate nel corso dei decenni, quando alcuni documenti nazisti sono stati desecretati.

Il risultato finale rende merito all’autore per lo studio e il lavoro che evidentemente ci sono stati dietro questo romanzo.

Se poi vi sono piaciute le atmosfere delle spy story stile Ken Follett ai tempi di “Gazze Ladre” o “Il volo del calabrone”, questa lettura fa per voi.

 

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Massimo Tallone – Poliantea

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“Un giorno sarai grande abbastanza da ricominciare a leggere le favole.” (C. S. Lewis)

In questa favola, cito la bellissima prefazione di Gabriella Bordaro, sono racchiusi tutti gli ingredienti della lettura: il lessico, le parole scritte che si differenziano da quelle dette a voce e infine, non meno importante, un vocabolario della nostra lingua.

La lettura di “Poliantea” porta il lettore in un viaggio tra le parole appunto, che diventano reali: oggetti, soggetti concreti che interagiscono tra loro e partecipano attivamente per aiutare il coraggioso protagonista nella difficile impresa di curare e far “rinascere” una parola che sta per essere dimenticata, per salvarla dal triste destino della morte.

Inutile negarlo: ognuno di noi, dentro di sé, conserva un lato bambino. In alcuni è più marcato che in altri, ma ogni lettura che scegliamo ci aiuta a crescere nel cuore. E questa tenerissima favola saprà stupire il lettore adulto e incuriosire il piccolo che si troverà a galoppare con l’impavido principe tra le pagine di un dizionario animato!

Lettura consigliata per genitori, docenti di scuola elementare e soprattutto per piccoli occhietti, curiosi di scoprire la magia che solo un libro sa regalare!

Massimo Tallone, che mastica noir fin dai suoi primi vagiti, è un autore poliedrico ed è un vero Maestro delle parole.

Questa sua favola vinse il Premio Nazionale “Una favola al castello” nel 1987 ed ora è pubblicata dalle Edizioni Piccolo Carro, con la speranza che venga diffusa nelle case di grandi, piccini e in tante biblioteche scolastiche e non, perché le parole possono essere uno strumento di gioco educativo e divertente: lo scoprirete solo leggendo!

 

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Mirko Zilahy – Così crudele è la fine

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Mi chiamo Enrico Mancini e sono un poliziotto. Un profiler. Il mio lavoro è dare una forma al buio, dare un’identità a chi per averne deve uccidere. Il mio lavoro è attraversare lo specchio oscuro per dare la caccia ai riflessi del Male.

In queste poche righe è racchiuso tutto il senso del romanzo. Con immensa tristezza nel cuore ho incontrato Enrico Mancini per l’ultima volta. Il nostro saluto è stato struggente. Come struggente e dannatamente intenso è stato il mio viaggio con lui grazie alla voce, che ormai sento e faccio mia, che è quella dell’autore Mirko Zilahy. Con questo si conclude la trilogia degli Spettri che ha visto protagonisti assieme a Mancini e alla sua formidabile squadra, tre temi principali: GIUSTIZIA, REALTÀ E IDENTITÀ.

Ed è proprio l’identità il tema cardine dell’ultima avventura del nostro bel tenebroso commissario che troviamo ancora in evoluzione; d’altronde lo è fin dal primo romanzo.

Sebbene con una luce diversa, con una rinnovata energia, Mancini è sempre alle prese con il suo passato, con i ricordi della moglie che non c’è più, con i suoi sensi di colpa, con gli spettri dell’anima, ancora così presenti in lui da non permettergli di vivere appieno l’oggi che gli sta offrendo un’opportunità per riscattarsi, per trovare finalmente la sua identità.

E allora, ancora una volta, Mancini si butta nel lavoro che è la sua unica vera certezza. In una Roma sempre protagonista, questa volta una Roma archeologica fatta di vicoli, di cunicoli e percorsi sotterranei sconosciuti ai turisti e agli stessi abitanti, si nasconde un’ombra che semina terrore e morte nella città. “Dal fondo dello scavo abbandonato, una forma scivola fuori. Si arrampica, circondata da marmi puntati di muffe, fiutando l’aria fresca della notte. Supera un gruppo di mezze colonne e lancia uno sguardo giù nella fossa..”.

Mancini è come sempre supportato dalla sua fidata squadra, che troviamo ancora più caratterizzata, più intima, con storie personali che si intrecciano e che aiutano la coesione sempre più forte tra i membri. Storie di identità anch’esse, di ricerca di un proprio preciso ruolo nella vita. Storie di sguardi nell’abisso dal quale spesso ognuno di noi è attratto, ma che in qualche modo per fortuna riesce a rifuggire.

Mancini stesso, con l’aiuto di una psicologa, sta cercando di emergere dal suo abisso, di guardare di nuovo quello specchio che forse può aiutarlo a ritrovare se stesso.

E parlando di identità, chi è il killer degli scavi? Cosa lo spinge ad uccide le sue vittime così lentamente e crudelmente, perché le osserva morire? E perché la scelta di siti archeologici così belli e ricchi di storia e arte come il Teatro di Marcello, il Portico d’Ottavia, ma anche i cunicoli sotterranei sotto la Fontana di Trevi? Un pezzo di carta con due iniziali in maiuscolo, trovato nascosto come messaggio misterioso dal professor Biga, suo maestro, mentore e “padre”, è forse ciò che lega le vittime tra loro. Biga purtroppo è costretto in un letto d’ospedale, in lotta per la vita e non potrà essere d’aiuto ad Enrico questa volta.

Con la sua ormai nota caratteristica di scrittura che passa, a seconda della necessità narrativa, dallo stile essenziale e spigoloso, alla prosa stilistica dai tratti più morbidi e descrittivi, l’autore ci trasporta ancora una volta nel suo mondo, nella realtà talvolta distorta da una lente di ingrandimento che deforma ciò che crediamo di vedere. O semplicemente ci porta davanti ad uno specchio che va a scavare nella nostra psiche e a quella dello stesso killer, alla ricerca, anch’esso, di una sua identità, perché in fondo gli uomini “Nella morte trovano l’identità. La troviamo tutti. Anzi, è l’unico modo di trovarla. Solo in quel momento, nella nicchia, sottoterra, o sul tavolo autoptico, sono veri, sono UNO. Nella morte c’è la loro identità, l’unica possibile.

Sappiate che, usciti dall’abisso di questa storia, ancora una volta, vorrete ritornarci. Non saprete più distinguere il Bene dal Male in modo così netto. Nelle storie di Zilahy non è mai facile odiare il carnefice, mai! Questo è quello che per me è l’effetto Zilahy. Quando ho bisogno di uscire dalla mia realtà, che a volte mi sta stretta, vado a tuffarmi nella realtà inafferrabile raccontata da Mirko. So già che arrivo ad un certo punto e rallento volutamente la lettura, per non dover salutare i personaggi e il mondo al quale, inevitabilmente, ogni volta mi affeziono. Una delle rare volte in cui mi capita di chiudere il libro, baciarlo e salutarlo come fosse un amico in partenza che non rivedrò più.

 

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Davide Pappalardo – Che fine ha fatto Sandra Poggi?

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Pensi di capire gli altri, ma non hai capito nemmeno te stesso. Vedi, nel mondo vaghiamo tutti uguali. Tutti omologati. Tutti simili a biglie di vetro che sbattono l’una contro l’altra e si confondono. Il bimbo che le muove, magari, ha appioppato un nome a ognuna di loro, ma alla fin fine sono tutte uguali e non sa più riconoscerle. Anche se prendono direzioni diverse, le biglie fanno gli stessi movimenti e, se nel pavimento c’è una pendenza, si incanalano verso un unico punto. Io sono una biglia diversa, magari mezza rotta, il vetro sarà pure scheggiato, ma prendo la direzione opposta da quella della massa. Seguo il mio istinto. È facile, ma ci vuole il coraggio di abbattere la gabbia che ci siamo costruiti con le nostre mani. Gli agi, le abitudini, la Fiat presa a rate, il mare in Liguria, la casa di tot metri quadri, lo stipendio a fine mese, la famiglia. Tutti incapsulati. Tutti uguali. E tu sei come loro. Sopravvivi, ti trascini ma non vivi.” (cit. Sandra Poggi)

Di ritorno da un viaggio nel tempo nella Milano del 1973, passando per Bologna e Venezia, quasi come in uno di quei vecchi film polizieschi, eccomi a descrivere i miei pensieri su questo secondo romanzo di Davide Pappalardo, dove incontriamo di nuovo quel simpatico, scalcagnato personaggio che è Libero Russo, un investigatore privato un po’ sui generis, siciliano, trasferitosi al nord, nostalgico della sua terra. Lo ritroviamo più pulito, quasi più serio e responsabile (sto forse azzardando) rispetto a quando l’avevamo lasciato in “Buonasera, signorina”.

Uno stile un po’ cambiato, forse più posato, quello dell’autore, che mantiene il suo tono scanzonato, il suo cinismo e il suo lato burlone. Anche per questo romanzo non darò un’etichetta di genere perché non si può definire noir, giallo o hardboiled, ma una miscellanea di tutti e tre.

Dalle finestre e dai locali le canzoni di Buscaglione fanno da sfondo alle vicende dal fare strampalato del nostro investigatore che riesce sempre, suo malgrado, a ficcarsi in qualche faccenda losca e in guai da risolvere, con tipi poco raccomandabili. Nientemeno, stavolta dovrà dare la caccia ad una giovane, evanescente figura femminile che risponde al nome di Sandra, (o forse ad altro nome?) una tipetta piuttosto conturbante, personaggio interessante che riuscirà ad ammaliare, non potevamo avere dubbi, anche il nostro Libero.

Al centro c’era una fontana. Lei ballava da sola, lì. Nei pressi di quella pozza di marmo. Danzava un ballo senza musica. O forse la Musica era il vento che le faceva svolazzare quel vestito blu e giallo. Le livree del pesce angelo imperatore. Cantava ‘Un bacio a Mezzanotte’.

Ragazza sfuggente e pericolosa, spirito libero, Sandra, con il suo fare camaleontico riuscirà a farsi trovare e poi di nuovo sfuggire dalle mani di Libero, in un avvincente gioco di guardia e ladri. La spalla robusta e non sempre richiesta dello storico ex collega poliziotto, Marione, è un punto di forza della narrazione, ma la protagonista indiscussa è sicuramente Sandra, sebbene paradossalmente sia fisicamente poco presente nel romanzo!

Perché sfugge? Perché è così pericoloso per Libero averla vicino? Cosa c’entrano con lei i movimenti neo fascisti (non a caso ci troviamo negli anni caldi della politica sociale) e uno strano strizzacervelli? E perché per trovare la ragazza quel tipo losco e misterioso ha contattato proprio Libero?

Non posso svelare nulla della trama perché toglierei tutto il gusto delle sorprese che si rivelano quasi alle ultime battute, passando da personaggi con importanti incarichi sociali ad altri provenienti dai bassifondi: ce n’è per tutti i gusti!

Lascio dunque a voi tutte le risposte, se mai le troverete realmente e vi invito a scoprire… Che fine ha fatto Sandra Poggi!

 

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