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Sonia Sacrato – Controcanto

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S.m. Nel linguaggio musicale, disegno melodico secondario sovrapposto o sottoposto al disegno melodico principale: fare il controcanto

Sei mesi prima lasciavamo la nostra Cloe e il suo serafico gatto Pablo con un velo di malinconia.

Dopo una prima avventura ne “La mossa del gatto” che ce li ha fatti conoscere e amare, eccoli di nuovo pronti a “cacciarsi di nuovo in qualche pasticcio per giocare a fare i detective” (come direbbe la saggia Elvira, alias -Madre- della nostra eroina).

Con un cuore ancora ammaccato dalle storie amorose precedenti, Cloe decide di rigenerarsi andando per qualche giorno dalla sua meravigliosa amica-mammachioccia Cristina che gestisce un B&b a Torino, la sua amata città adottiva. Ed è proprio qui che si imbatte, involontariamente, in un nuovo “caso misterioso” in cui un vecchio violino fa da protagonista.

Nuovi personaggi entrano nel “cast” della storia : primo fra tutti il nipote di Cristina, Alex, un ragazzo poco più che ventenne, ma molto più maturo dei suoi coetanei, aspirante giornalista, con il quale Cloe crea un bel legame fin da subito (beh con le dovute frecciatine iniziali tipiche di Cloe alle quali lui tiene testa senza problemi innescando una raffica di botta e risposta esilaranti). Iniziano insieme una ricerca sul misterioso violino che li porterà ad affrontare un’avventura rocambolesca e imbattersi in brutti ceffi. Ma non solo. Le ricerche sul violino la porteranno a conoscere un mondo a lei finora sconosciuto, quello delle drag Queen. In particolare emergerà un personaggio del quale mi sono innamorata: Rebecca Van Helsen, fantastica! Se ricordate il personaggio di Tamburino ideato da Giorgio Faletti, ritroverete molte caratteristiche su Rebecca.

Sullo sfondo, il ricordo della tragedia del Cinema Statuto di Torino dove, il 13 febbraio 1983 a causa di un incendio divampato all’interno, morirono 64 persone.

Nel corso delle ricerche per far luce sulla provenienza e la storia di questo violino si sovrappone un delitto. Un architetto viene trovato ucciso nella sua auto nei pressi di un cantiere. Ed ecco, pensate mica che Cloe non si trovi immischiata, involontariamente, nell’indagine??

Esattamente come un Controcanto (vedere sopra, definizione Treccani), la vicenda incalza pagina dopo pagina, in un crescendo di azione, sovrapponendosi alle indagini sul violino misterioso. Cloe e Alex si troveranno in grave pericolo dentro un furgone legati mani e piedi, con tanta paura addosso.

Chissà se anche stavolta si risolverà tutto per il meglio… E che fine farà il violino?

Sonia Sacrato, per la seconda volta, è riuscita a farmi dimenticare i guai, solo leggendo la sua storia. Il suo stile frizzante si rinnova, migliora ancora, ironia e leggerezza di scrittura fanno vivere la storia e i personaggi così ben caratterizzati, ce li fa amare o detestare. Brava nel dosare risate e serietà.

Anche stavolta, posso confermare che non è giallo, non è rosa, ma è sicuramente una storia dalle mille sfumature!
Ah! Non vi ho parlato di Luca Ferraris, l’affascinante vicequestore dagli occhi intensi e barba curata che conduce l’indagine? No? Allora leggete il libro ché si sa Cloe vicequestore fascinoso…

Pabloooooooo… mettici il gomminooooo ché la Cloe ne ha bisognooo, madonnasanta!

Cristina

 

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Elisabetta Cametti – Muori per me

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Esplosione uguale morte. Da allora, se immagino la fine di qualcosa vedo un’esplosione. Ed è con un’esplosione che avrò la mia vendetta. Trecentoventinove bombe. La deflagrazione sarà violenta. Inaspettata, spietata. Scriverà una pagina di storia, perché quando avrò finito non si rialzerà nessuno e chi avrà ancora respiro, sarà comunque morto. Rimarrà in piedi solo la verità.

Questo romanzo è in sé stesso una bomba. Pagina dopo pagina. Tra emozioni e adrenalina si arriva ad un finale esplosivo.

I messaggi sparsi tra le pagine e fatti esplodere con un detonatore che l’autrice comanda a distanza l’uno dall’altro, seguendo due piani temporali e narrativi che si alternano in modo impeccabile, ci lasciano continuamente senza parole.

La “Signora del thriller” ha dato il meglio di sé in questo romanzo spietato, dalla tensione altissima che ci catapulta in una storia terribile nella quale ci sentiamo protagonisti e vivi, accanto ai personaggi e dentro la quale ognuno di noi può trovare qualcosa in cui immedesimarsi.
L’intensità con cui delinea i caratteri di ciascuno, fa sì che diventino presto per noi, persone conosciute, tutte, nel bene e nel male. Ci fa condividere ogni singola emozione. Io con loro ho pianto, ho lottato, ho odiato, sono sprofondata nel buio più nero, ho perso le speranze per poi ritrovare la luce.

Due sorelle protagoniste, diverse tra loro come le vite che hanno scelto: una fashion blogger, con il suo mondo solo all’apparenza perfetto, e una veterinaria, dedita ai suoi animali e alla vita in montagna. E attorno a loro storie forti di altre donne, storie di…”Vite che si incrociano tra le pieghe di un sistema di corruzione e comando, la cui scia di sangue conduce a una famiglia potente e dentro una delle più importanti maison della moda internazionale. Cadaveri ripescati dal lago, cacciatori seriali, giochi perversi, sostanze letali sconosciute. Una sola arma per impedire la strage: i social network. Perché c’è una voce che i soldi e il potere non possono ridurre al silenzio, quella che diventa virale. Una voce che neanche la morte può fermare.

Così parla della sua storia l’autrice e non potrei trovare parole più adatte.

Non posso raccontare molto di più della trama perché il bello è scoprirla pagina dopo pagina. Osservate il cielo e le nuvole, potreste imbattervi in un asino volante, potreste correre in montagna con uno splendido cane dagli occhi di diverso colore l’uno dall’altro. Lasciate che siano le cicale a cantare, tenete gli occhi aperti però, perché il lupo capobranco è pronto ad azzannare quando meno te l’aspetti. E fate spiccare il volo alle gru , libere e leggere, create da una meravigliosa libraia con i suoi origami. “Siamo buio e luce e in mezzo fluisce la vita“. E infatti, guardate laggiù in fondo, se osservate bene troverete la luce.

No non sono impazzita. Se volete saperne di più dovrete tuffarvi in questa storia. E vi assicuro che non vorrete più lasciarla.

Per chi già la conosce, ritroverà lo stile di Elisabetta Cametti: pulito, lineare, schietto quando deve lanciare i suoi messaggi mirati a denunciare i mali della società. E questa volta, sempre più potente, il messaggio arriva al lettore come un pugno allo stomaco. Un messaggio di forza al femminile, di coraggio, di volontà di cambiare, soprattutto di dire NO, anche di fronte alle situazioni più difficili.

(“Quel giorno non sono morta ma ho smesso di vivere per sopravvivere.“)

Elisabetta Cametti con questo libro ci esorta appunto a dire NO.

Ragazze, donne, mamme: dite NO ai facili guadagni, dite NO alle false promesse, attente… non fatevi sbranare dal mondo del social, dei like, delle visualizzazioni. Dite NO. Per reagire. Per cambiare, per vincere. Soprattutto… per VOI!

è la purezza l’elemento di equilibrio dell’universo. Il mondo è sporco perché l’umanità è senza morale. Ci siamo abituati ai nostri difetti peggiori e li abbiamo trasformati in uno stile di vita. Falsità, scorrettezza, prevaricazione. Il vizio più nobile che professiamo è l’egoismo.

Buona lettura.

Cristina

 

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Ferdinando Salamino – Il margine della notte

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Veniamo al mondo come biglie, in bilico su un piano inclinato, in attesa della spinta che ci faccia scivolare da una parte o precipitare dall’altra. Biglie. […] Elena è la mia spinta sul piano inclinato.

Terminato il mio viaggio al margine della notte, un margine non sempre così delineato, anzi. In fondo, Michele Sabella, il nostro eroe/antieroe, che ritroviamo sei anni dopo la sua prima comparsa ne “Il Kamikaze di cellophane” (scheda | recensione), cresciuto e maturato, crede sempre ai fantasmi perché li ha combattuti, perché continua a combatterli.

Altri demoni, di solitudine, di desiderio di normalità, si affacciano ancora.

Una sfida per lui, che vuole e deve affrontare. Sebbene un po’ più in disparte, per dar voce ad altri personaggi, Michele “scalcia” comunque per emergere nella storia.

Chi ha letto il primo libro di Ferdinando Salamino, non può che avere una conferma dello stile al quale l’autore ci ha abituati. Il nero, lui, lo mastica come una rotella di liquirizia; il Male lui, continua a scavarlo sempre più a fondo. Lo fa ancora, tagliando e strappandoci pezzi di anima, con uno stile di scrittura sempre ben curato, sferzante e tagliente.

Questa volta ci troviamo davanti ad una storia diversa, una storia sporca, marcia, di xenofobia, corruzione, droga. Siamo appunto ai margini delle notti di individui al margine della società, che non hanno più dignità, che vogliono lasciarsi morire perché la morte è sicuramente la soluzione migliore.
Con Michele Sabella, che questa volta veste i panni di un agente di polizia, ci addentriamo tra i vicoli puzzolenti e sporchi delle Midland, osservando però quel che c’è al di là del ponte, una città pulita, bella, luminosa. Quel ponte che fa un po’ da spartiacque di tutta la storia è forse una metafora dell’autore che vuole mostrare che, in fondo, oltre al buio può esserci una luce?
E poi c’è ancora lei, nella vita di Michele: Elena.

Non ho cambiato idea su Elena, resta la mia Fata nera. Elena nella sua gabbia di libertà, Elena: “un frammento di luna che si fa liquido nel cielo e comincia a colare lenta e sinuosa. Immaginate di addentrarvi in quella luminosa placenta di miele lunare, tiepida e dolce, fino a fondervi con essa.”
Elena è colei che ha reso Michele ciò che è diventato. È la sua salvezza.. E lui, riuscirà a salvarla ancora?

In attesa del completamento della trilogia e di vedere la terza metamorfosi del protagonista, vi consiglio di conoscere” Michelino”, ve ne innamorerete, nonostante tutto!

.. “Che a volte la follia è un rifugio dall’aridità del mondo normale.

 

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Letizia Vicidomini – Notte in bianco

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Il sangue del fiore mi segna la mano. Sgomento negli occhi. Si apre lo squarcio. È viola, non rosso, il dolore del cuore.

Quando si termina la lettura di un romanzo che ti lascia pezzi di cuore da ricucire è sempre difficile farne una degna recensione.

Mille sarebbero le parole da dire su questo piccolo capolavoro che in sé racchiude le più svariate sfumature dell’animo umano. Ho pensato a dargli un’etichetta, ma non è possibile! Questo è un noir sì, nerissimo per giunta, ed è carico di poesia, ma non poesia sdolcinata. È poesia dell’anima, è analisi psicologica e introspezione. L’autrice sa toccare argomenti che fanno parte della nostra quotidianità come l’amicizia, l’amore, la fratellanza, la maternità, i rapporti di vicinato, e sa renderli speciali, intensi, profondi.

La storia tragica di Viola Carraturo fa da sfondo all’intera vicenda, ambientata nella splendida Napoli. Una città che ti sembra di vivere leggendola, grazie alle descrizioni delle vie, delle case, delle persone al mercato, nei negozi, agli odori, profumi, rumori fatti anche di chiacchiere e pettegolezzi tra comari. Descrizioni mai pesanti, mai prolisse, sempre messe lì, al punto giusto!

Ho conosciuto Viola detta da tutti “La Tabaccaia”, un soprannome che indica la poca considerazione con la quale veniva vista dal vicinato: una donna dura, sfuggente, mal vestita, sporca, per tutti era quella strana, quella su cui costruire i pettegolezzi più biechi. Ma lei dentro racchiudeva un segreto, un dolore che nessuno poteva capire, né sapere. E attorno a lei, altre figure con drammi e segreti nascosti a loro volta, le ruotano intorno come un vortice.

Dentro, invece, io custodisco l’inferno e i suoi mille rumori, i suoi strepiti, le voci e le urla che nessun altro sente oltre me, che quell’inferno ce l’ho chiuso nell’anima.

Un racconto alternato da parti scritte in corsivo che, ammetto, mi hanno spiazzata e fuorviata più volte nel corso dell’indagine: una, più persone osservano la scena da fuori, raccontando in prima persona e nulla è mai ciò che sembra. Un gioco delle parti perfettamente architettato ad arte per ingannare benevolmente il lettore. Sulla morte violenta di Viola si creano mille ipotesi. Seguiamo l’indagine affiancando il commissario, ora in pensione e dedito al giardinaggio, Andrea Martino detto “il commissario buono”.

L’intera vicenda toccherà profondamente l’animo sensibile dell’uomo, portandolo nel buio del sentimento umano, confrontandosi con il male, contro il quale non sempre si vince, e con la giustizia che non sempre viene fatta e non sempre è quella che pensiamo sia corretto assicurare.

Il tema della maternità mancata, della violenza sulle donne vista sotto l’aspetto sia fisico che psicologico è descritta in modo superlativo, sottolineando anche come spesso queste vittime siano, in fondo, sole in mezzo a tanta gente.

La stragrande maggioranza della gente non cerca condivisione, si esibisce in qualche assolo per attirare attenzione, ma poi non ama il coinvolgimento, si gira dall’altra parte più spesso che può. L’uomo è solo, anche se cammina in mezzo a una moltitudine, pure se c’è qualcuno che l’ama, ed è sempre in cerca di qualcosa che non sa spiegare neppure a sé stesso.

Non voglio dire di più sulla trama. Voglio soppesare l’intensità della scrittura dell’autrice, mai banale, mai superficiale, mai “già vista” e convincere chi mi sta leggendo a prendere in mano questo libro e tuffarsi a piè pari nella storia e passare con essa una indimenticabile ‘notte in bianco‘.

Vi lascio con quest’ultima citazione (ne avrei messe molte altre!) che ho sentito molto mia.

Le notti così inquiete sembrano non dover mai finire, moltiplicano i fantasmi e i pensieri, in una spirale che vortica di continuo.

 

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Gian Luca Campagna – L’estate del mirto selvatico

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Leggere questo libro è esattamente come Federico Canestri, lo scrittore protagonista della storia, vorrebbe che fosse il suo romanzo.

Portare a spasso su un sidecar il lettore, non fissargli la cintura di sicurezza, senza casco, condurlo a centocinquanta chilometri orari in un altrove che non conosce, sorprenderlo anche nelle piccole soste, consentirgli di riflettere soltanto quando ha raggiunto la meta, emozionarlo pagina dopo pagina, svelando alla fine la più grande banalità dell’esistenza…“.

Questo è ciò che si prova leggendo Gian Luca Campagna. Con questa storia, l’autore ci catapulta nel luglio 1990, nei ricordi di un’estate italiana, quella dei mondiali di calcio, quella delle notti magiche della Nannini. Tra le avventure di ragazzi adolescenti che vogliono divertirsi e prendere la vita a piene mani, scoprire l’amore e le sue forme, tra le emozioni che la gioventù amplifica e rende, a volte, anche insopportabili. Gioia, passione, amicizia, ma anche odio, tradimento, vendetta. Una banda di buoni a contrastare i bulli che se la prendono con il ragazzo più debole del gruppo.

In un alternarsi di passato e presente, seguiamo il Federico adulto, oggi, tornato al Circeo per scoprire la verità su una tragica vicenda che chiede giustizia da tempo. Un uomo con i suoi tormentati trascorsi sentimentali, uno scrittore con la crisi da pagina bianca, che rivive i suoi ricordi di ragazzino: le partite con gli amici sulla spiaggia di Sabaudia, vegliati dal profilo di pietra della Maga, ovvero il monte Circeo, descritto in più parti del romanzo in modo splendido, come un pittore dipinge un quadro.

Lo stile di Campagna è descrittivo e spesso poetico: riusciamo quasi a vedere i colori di questo cielo dalle “nuvole sudicie che rischiavano di imbrattare quel quadro dal colore pastello“, gli odori dei cespugli di mirto, il fruscio delle fronde dei carrubi. E il mare, in cui perdere lo sguardo e rivivere le sensazioni di quella che suo padre definiva ‘L’estate indiana’, quel periodo in cui “tutto è ammesso e dove le sofferenze e le criticità della vita scompaiono“. Ma non sarà proprio così per Federico, che farà un percorso tortuoso, incontrando gli amici dell’adolescenza, alla ricerca di una verità che potrebbe sconvolgere le sue poche certezze.

Uno stile narrativo che va in crescendo, mantenendo così la curiosità nel lettore che vuole proseguire la storia per capire, con il protagonista, la verità finale.

Una storia cupa, non un giallo, non un noir, ma qualcosa di ancora diverso, non etichettabile, che affronta, tra gli altri, il tema del bullismo, argomento molto moderno, ma già ben noto anche negli anni in cui si svolgono i fatti.

Il più forte vince sempre, sarà davvero così?

Buona lettura e buon viaggio sul Monte Circeo.

 

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Fratelli Frilli Editori


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