Giulio è, come tutti noi, al centro di un sistema di legami e relazioni. Ci sono i suoi genitori, la sua città di provenienza, ci sono Cecchi, Trottola, Roberta, Massi. Compagni di studio, coinquilini, amici.
Un giorno Giulio scompare senza una spiegazione o un apparente motivo e attorno a quel vuoto lasciato dalla sua assenza si dipana questa storia, in costante bilico tra il ricordo e la ricerca. Giulio si fa simbolo inconsapevole di un cambiamento, di un passaggio, della fine di un’epoca e l’inizio di una nuova, dove anche i luoghi consueti non sono più gli stessi, come spesso accade. Soprattutto alle persone.
Un romanzo su come si possa rimanere congelati in un momento della vita, con il mondo che va avanti e una parte di noi che rimane fissa là, incredula, continuando a cercare la risposta a quella (quelle) domanda (domande) che hanno posto uno spartiacque nell’esistenza, creando un prima e un dopo.
Il tutto condito e apparecchiato dalla voce narrante di Giorgio Ghiotti, una delle voci più belle e raffinate del panorama letterario italiano. Una prosa lirica (non a caso l’autore è anche autore di poesie) che rimane comunque sempre comprensibile e ancorata alla realtà che vuole raccontare, che non scade mai nell’esercizio di stile sterile, ma racconta davvero a trecentosessanta gradi.
Attraverso gli occhi e le memorie di Massi, scopriamo e riscopriamo ciò che il mancato addio di Giulio ha lasciato nelle vite e nei luoghi che ha lasciato indietro, da una parte all’altra di Roma, da una città all’altra d’Italia, da un capo all’altro della giovinezza e dell’età adulta.
Stefano
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