Con la sua ambientazione precisa come se l’autrice fosse nata e cresciuta tra le strade di New York e il ritmo degno dei più famosi thriller americani, “Gioco mortale” si merita pienamente la menzione ricevuta al premio Garfagnana in giallo.
Il punto forte è soprattutto nell’intreccio: una serie di indizi disseminati dall’assassino guidano il protagonista in una indagine che imbocca continuamente vicoli ciechi, accendendo e alimentando speranze destinate a infrangersi contro un nuovo orrore.
False piste, tutte verosimili in ugual misura, che sembrano portare alla soluzione anche il lettore, solleticato dall’idea di dedurre e indagare insieme a Ray Hayes, per arrivare alla fine, gustandosi la possibilità di “intuire”. Un percorso a ostacoli in cui ciò che non era ovvio, ma abbastanza credibile da risultare una scoperta non banale né scontata, si rivela sbagliato, in un susseguirsi di capovolgimenti e colpi di scena che riportano nel mare del dubbio e dell’adrenalina della ricerca. Tanto più che l’indagine di polizia si trasforma nell’indagine solitaria di Ray, solo contro tutti, vittima della follia di un ignoto persecutore, ingiustamente accusato, colpito nel profondo. Il giovane e carismatico agente è un personaggio con cui non è difficile immedesimarsi, nonostante i suoi punti deboli e i suoi comportamenti spesso al limite.
Permettetemi però di suggerire una chiave diversa: l’eroe vero in tutta questa vicenda, è Ray? O non c’è forse dell’eroismo più nascosto e sottile nella salvezza offerta – e ritrovata – di un personaggio più silenzioso che incarna un termine usato – e abusato – negli ultimi anni: resilienza. A voi la decisione.
Qualunque cosa decidiate, l’esordio letterario di Tiziana Leone resta un piccolo gioello di casa Golem da non perdere.
Mimma
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