Era tempo che aspettavo il nuovo romanzo di un’amica, di una giornalista che coglie dinamiche e sfaccettature di una società che spesso ci dimentichiamo che esista per abitudine di sopravvivenza.
Storie che incontriamo tutti i giorni, ma a cui non diamo peso, per le quali dovremmo riflettere e iniziare per cambiare qualcosa, e se non proprio cambiare, migliorare una società spesso in declino.
Il covid e il lockdown non ci hanno resi migliori, ci hanno resi più egoisti e più spietati, più restii a porgere una mano. Dada, una donna matura, nel pieno del percorso della propria vita che con alti e bassi, ma soprattutto con ironia, cerca di navigare al centro dell’età delle riflessioni: chi sono, chi sono diventata, chi vorrei essere, perché devo sottostare quando posso scegliere, sono effettivamente capace nel mio lavoro, posso amare o devo accontentarmi.
Sicura e capace nelle competenze lavorative, tanto da non arrendersi e continuare a lottare per la sua posizione rischiando il licenziamento (e su questo tema denunciato parzialmente tra le righe potremmo aprire dibattiti infiniti).
Sarà l’età della protagonista, saranno in parte le vicissitudini del personaggio principale, ma in Dada mi sono ritrovata spesso, mi sono soffermata sui tanti lati che la storia tocca, insieme ai suoi personaggi, perfettamente equilibrati e in armonia.
Nota perfetta di questo libro l’introduzione di cui vi cito alcune righe: ”Un romanzo metropolitano, un giallo sentimentale, un saggio sulla diseguaglianza – anzitutto di genere – che vige sui luoghi di lavoro, piccoli o grandi che siano. Troverete tutto questo nelle pagine che state per leggere di Rosanna Caraci…”
Se avete voglia di una visuale diversa e obiettiva di una routine che nemmeno vediamo più, leggete la storia di Rosanna Caraci e vedrete che avrete voglia anche voi di andare a comprare della Cartavetro da usare nell’immediato futuro.
Simona
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