Devo ammettere che la lettura di questo romanzo mi ha inquietata come non avveniva da molto tempo. Il genere di inquietudine che ti fa sussultare per i rumori improvvisi, per intenderci. La sensazione di essere spiati come il protagonista attraverso la nebbia, ti si attacca addosso, ti segue ad ogni pagina. Non puoi fare a meno di domandarti anche tu di chi siano gli occhi che vi sentite puntati addosso (sì, perché non si può non essere nella baracca insieme a Piero). La nebbia, la grande villa, il parco: un’atmosfera gotica che fa da sfondo a un thriller in cui la suspense e la perenne sensazione che qualche segreto orribile stia per venire a galla e scatenare una tempesta, tengono il lettore con il fiato sospeso. Altro punto di forza la scelta di un protagonista atipico, un uomo dal passato poco limpido, senza velleità investigative, con poco da perdere, ma una reputazione tutta da ricostruire; un uomo sulla cui integrità abbiamo dei dubbi fin dall’inizio e da cui non sappiamo esattamente cosa aspettarci, che non ispira fiducia, ma a cui è affidata la soluzione del mistero che aleggia sulla casa e sulla vita di chi la abita. Non possiamo fidarci di nulla di ciò che vediamo e sentiamo attraverso gli occhi del custode: chi vive nella villa è la vittima o il carnefice?
L’unica piccola nota stonata sta nel finale: la tensione è mantenuta alta per tutta la durata della narrazione, fino al culmine della soluzione che arriva, inaspettata, alla fine e scioglie gli enigmi nel giro di poche pagine. Forse dopo aver sentito la paura nelle notti di pioggia nella baracca, e aver tremato a ogni scricchiolio, mi sarebbe piaciuto che alla chiave del mistero venisse dedicato uno spazio maggiore. Ma questa mia opinione personale nulla toglie alla efficacia di una trama avvincente e alla capacità di Roberto Carboni di mantenere il lettore in continua tensione, che sono il vero pregio del libro.
Mimma
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