Paolo Tagliapietra – Destino in polvere

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La casa era un’espressione tipica della città, la forma, l’aspetto, il colore dei muri, richiamavano alla mente il fine novecento, gli zoccoli dei cavalli sul “pavè”, i panni lavati sulla riva del fiume, i panciotti con gli orologi a taschino. Nessuno sfarzo, come l’etichetta cittadina richiedeva. È sempre stata un po’ austera questa Torino silenziosa, un occhio al cielo, frastagliato dalle montagne, l’altro al grande fiume che, lento, trascina con sé secoli di storia.

È il 1997, ci troviamo nella città dei due fiumi, in un condominio abitato da una fauna umana eterogenea: una portinaia (“La signora Maria, una donna robusta, forte fisicamente, di volontà ed intraprendente, accettò di buon grado considerato che suo figlio non aveva ancora un lavoro stabile e suo marito era in pensione da un paio d’anni.”); un professore (“Barba corta e una forte stempiatura, abiti scuri su maglie dolcevita d’inverno, rarissime le cravatte, camicie a mezza manica con il taschino, d’estate. La borsa, di cuoio scuro, era quasi un tutt’uno con la mano destra.”); un tenente di cavalleria (“Il cranio completamente rasato, il viso spigoloso e quadrato, davano, insieme alla sua figura slanciata, un aspetto prepotentemente fiero. Incuteva non poca soggezione anche tra i suoi sottoposti.”); una signora amante dei gatti che “ascoltava la radio quasi tutta la giornata, non la spegneva nemmeno durante il suo sonnellino pomeridiano. Appassionata di cucina, parlava sempre di dolci, si dilettava a preparare qualcosa di particolare anche se era spesso da sola.”; la signorina Salvini “sessantasette anni compiuti […] Anche lei viveva sola, non aveva marito e nemmeno parenti dei quali ricordarsi e dai quali essere ricordata.”. Infine, la famiglia Rubini “quelli del primo piano, che non perdevano occasione per far sapere che cosa pensavano. Il più schivo di tutti era il figlio maggiore, Luca, grande e grosso, sguardo basso. Lo si sentiva parlare solo con gli amici che lo passavano a prendere in macchina la sera.

L’equilibrio del condominio viene sconvolto da tre omicidi, tre morti simili, tre inquilini avvelenati dall’aconito. Alla ricerca dell’assassino c’è l’ispettore Amedeo Nitti, che cerca “di fare domande il più possibile generali, per cogliere sfumature, pensieri, per svelare personalità nascoste.” . L’ispettore indaga non solo sui delitti ma anche sugli animi, compreso il proprio.

Un amaro rimorso accompagnava Nitti con costante presenza. In pochi istanti gli passò davanti tutto il periodo in cui sentì forte la responsabilità della serenità di un’altra persona. Ma il rimorso tornò anche all’uscita della farmacia. La formula di quella stessa sostanza poteva alleviare o provocare un lutto. L’eterna lotta tra bene e male, luce e buio.

Sullo sfondo si staglia la Torino di ogni giorno, immobile, quasi impassibile ai drammi che si consumano tra gli umani. Drammi che nemmeno Amedeo Nitti può cancellare, ma solo portare in superficie.

Luisella

 

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