Dopo cinque anni passati a raccontarci la storia e le avventure di Vani Sarca, Alice Basso affronta una nuova sfida presentandoci un nuovo personaggio: Anita Bo.
Dopo tanto tempo in compagnia di Vani delle sue abitudini e del suo ritmo, possiamo solo immaginare l’emozione della Basso che, con un atto di coraggio ha deciso di lasciare la “confort zone” di un personaggio ormai rodato e tanto amato dal pubblico, per entrare a capofitto in un progetto completamente diverso.
Siamo a Torino negli anni ’30, in pieno Regime fascista e non mancheremo di incontrare le Camice Nere e di poterne ricordare i pensieri e i metodi.
Anita Bo è una giovane ragazza in età da matrimonio, direbbero le nonne. Ma nonostante ci voglia far intendere di essere la classica bella un po’ svampita, di quelle che ti conquistano più per la gentilezza del viso e dello sguardo, che per le conoscenze culturali e scolastiche su cui ha oggettive lacune; durante la lettura ci conquista per il suo sguardo sagace e per quel suo precorrere i tempi rispetto all’emancipazione femminile. Ad Anita, l’essere relegata al ruolo di moglie e madre secondo il diktat del Regime, non va. Nonostante il fidanzato sia quel che si diceva un buon partito, appaia felice di sposarsi con il desiderio di uscire di casa e costruire con lui una famiglia tutta sua, Anita è una donna curiosa e perspicace, chiede tempo: sei mesi per poter lavorare e quindi scoprire la bellezza dell’autonomia che tanto ammira in Candida Fiorio, la sua ex insegnante.
Inizia così la storia, che va inevitabilmente ad intersecarsi a Sebastiano Satta Ascona, lo scrittore a cui farà da dattilografa, uno dei pochi lavori definiti e concessi alle donne in periodo fascista.
Nonostante la scenografia che prende gran parte dell’attenzione del lettore, una Torino che appare diversa nella luce e nei colori. Perché le pagine di un libro racchiudono e mostrano al lettore, colori diversi a seconda del tono dell’autore. Non è la Torino a toni freddi di Pavese, quella che ritroviamo splendidamente rappresentata da Michelangelo Antonioni. È la Torino di un periodo sicuramente grigio e oscuro su cui Alice Basso, pur mostrando una precisa cura e conoscenza dei dettagli indice di uno studio approfondito del tempo, apre sprazzi di umorismo e luminosità. Con l’abilità e la maestria che la contraddistingue, ci porta a vivere e rivivere quei giorni con la piena consapevolezza di ciò che rappresentarono per la Storia, ma senza dimenticare di dare spazio alle risate, alla voglia di vivere e di lottare contro il totalitarismo dell’epoca. Il tutto condito con l’ironia e la sagacia delle battute che sono la sua firma.
Insomma, nonostante la profonda diversità dalle storie e dalle ambientazioni a cui ci aveva abituati, nonostante la nostalgia per Vani e Berganza che un po’ ci resta dentro, Anita Bo e Sebastiano Satta Comesichiama finiranno per conquistare completamente i lettori.
Alice Basso ha fatto centro.
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