Antonio Benforte, giornalista e Social Media Manager del Parco Archeologico di Pompei, alla sua seconda prova letteraria per la casa editrice napoletana Scrittura&Scritture, con Lo spazio fra le cose ci racconta una vicenda semplice e quotidiana solo in apparenza. Paolo e sua moglie Marta, quarantenni e genitori del piccolo Niccolò, stanno traslocando in una nuova casa: una casa spaziosa e accogliente in grado di ospitare la loro famiglia arricchita di un nuovo elemento.
È Paolo a narrare quello che è, a tutti gli effetti, un rito di passaggio scatenato dal trasloco stesso: la casa che lentamente si svuota restituisce tesori e memorie impossibili da ignorare e che anzi spingono il protagonista e voce narrante a ripensare agli accadimenti della sua vita fino a quel giorno. La nascita di Niccolò, ad esempio, perché un figlio ti colloca, che piaccia o no, in una nuova condizione umana e sociale; ti impone responsabilità prima sconosciute e inesistenti; può, infine, essere un elemento destabilizzante in un rapporto di coppia che, fino a quel momento, sembrava filare a gonfie vele. In realtà, come ben presto Paolo scoprirà e come comprenderà, una coppia – con o senza figli – se vuole restare insieme deve sempre e comunque prepararsi a una lunga e inesorabile serie di cambiamenti e aggiustamenti. Ciascun partner muta nel tempo, talvolta non in sincrono con l’altro. Può succedere che l’equilibrio si spezzi e, come nel bellissimo esempio del vaso giapponese riparato con l’oro (kintsugi), assai bene usato dall’autore, sia necessario rimettere insieme con l’amore (l’oro) i cocci.
Scrivere una storia usando la prima persona e riuscire a mantenere nel corso della narrazione la giusta distanza dal proprio protagonista non è semplice, anzi! Antonio Benforte ci riesce molto bene toccando momenti di assoluto lirismo:
“Passiamo la vita ad aspettare. Aspettiamo buone notizie che non arrivano mai, treni che fanno tardi e ci fanno incazzare, weekend piovosi in cui riposare dopo settimane di lavoro sfiancante. Aspettiamo telefonate di amici che non sono tali, promozioni e gratificazioni che sentiamo di meritare, aspettiamo gioie e sorrisi che ci farebbero stare sicuramente meglio. Aspettiamo amori che ci facciano girare la testa…”
per raccontarci un personaggio, Paolo, in mezzo a un guado: da un lato la sua giovinezza, dall’altro l’età adulta; il vecchio lavoro dipendente e risucchiante e il nuovo impiego da free lance; la casa vecchia, che a poco a poco si svuota restituendo una serie infinita e struggente di ricordi visivi e sonori, momenti che non torneranno mai più, e la nuova casa: un territorio inesplorato e tutto da costruire, così simile a una ‘terra incognita’, a questo nuovo tempo nella vita di Paolo. Il trasloco diventa così la metafora di un viaggio verso l’ignoto – com’è a ciascuno ignoto il futuro. Cosa portare? Cosa lasciare indietro perché in fondo è solo inutile zavorra? Ma, quel che più conta, come ricostruire il traballante rapporto con l’amata moglie Marta?
Lo spazio fra le cose è un libro bello e affascinante perché riguarda tutti noi. Perché parla del tempo dell’attesa e di quello del movimento come trasformazione, della mutevolezza dei rapporti umani, di come esista un passato che ci ha formati e forgiati e di come venga il momento di metabolizzarlo e poi lasciarlo andare. Di come anche le cose accumulate negli anni parlino di noi e per noi con voce potente. Parla degli oggetti e dello spazio che li separa: quel vuoto apparente ricolmo invece di nostalgie e ricordi.
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