Luca Balestri, unico figlio del professor Carlo Maria Balestri, rinomato e acclamato antropologo, assiste impotente all’arresto del padre accusato di aver sequestrato e tenuto prigioniera una ragazza, Laura. Rapita bambina, Laura è sopravvissuta a quattordici anni di reclusione in un container nascosto nel mezzo della campagna del grossetano (o così supponiamo, poiché il luogo esatto non viene mai nominato). Accudita, nutrita, vestita e curata dal professor Balestri, che però negli anni non le ha mai rivolto la parola, limitandosi a fornirle tutto ciò di cui poteva aver bisogno per la sua crescita materiale e spirituale, Laura viene infine liberata e sembra tornare indenne alla vita di ogni giorno. Anzi, dimostra una cultura e una preparazione fuori dal comune che colpiscono e stupiscono chiunque venga in contatto con lei. L’unica stranezza è il suo occasionale autosegregarsi in luoghi angusti, rimanerci a lungo, in apparenza senza motivo.
Questa la storia nella sua essenza. In realtà, Ossigeno di Sacha Naspini è un romanzo nero, complesso e claustrofobico dove i temi portanti sono l’incomunicabilità, il desiderio di espiazione e naturalmente le gabbie morali, assai più strette e soffocanti di quelle materiali, in cui ogni essere umano corre il rischio di rinchiudersi o di rinchiudere gli altri.
Raccontato a più voci – quella di Luca, quella di Laura, quella della sua amica del cuore Martina e quella della madre della scomparsa – Ossigeno si spinge senza pietà nelle recondite pieghe dell’animo dei suoi personaggi.
Luca, che tenta di comprendere l’incomprensibile comportamento del padre, un tempo amato fino alla venerazione. Un mostro, come viene definito dalla stampa. È possibile avere due vite parallele così spaventosamente diverse fra loro? E poi, perché? Per quale scopo suo padre ha fatto quello che ha fatto. E lui stesso, Luca, figlio del mostro, erede del suo DNA, non è possibile che prima o poi manifesti gli stessi comportamenti? E quale sarà il suo ruolo nel prosieguo della vicenda? Proteggere Laura? Studiarla a suo modo, da osservatore non partecipante? Rivivere la stessa esperienza di reclusione per espiare una colpa inscritta nel suo sangue?
In quanto alla madre di Laura, come può essere la vita di qualcuno la cui figlia scompare nel nulla per quattordici anni? Disperazione, angoscia, un matrimonio a rotoli, un’esistenza, che era già piena di stenti e privazioni prima che la figlia sparisse, diventata un incubo di desolazione e fuga dalla realtà dopo. E poi, d’improvviso, a quattordici anni di distanza, Laura, ormai donna, ricompare, torna a vivere con sua madre sebbene in una città diversa, in una casa diversa.
“Nel sottofondo sconcio di me c’è una matta che strepita giorno e notte: quella figlia non doveva tornare. La sua ricomparsa è uno schiaffo al lavoro fatto per salvarmi.”
Martina, l’amica d’infanzia, legatissima a Laura, che negli anni ha continuato a parlarle nel proprio cuore, con speranza, amore e un costante senso di colpa per averla lasciata solo il giorno in cui è sparita.
E Laura stessa, l’unica raccontata in terza persona, negli anni del suo esilio crudele.
Naspini governa con sapienza e distacco ciascun personaggio grazie a una scrittura limpida e senza sbavature, bravissimo a calarsi nei differenti ruoli così da rendere estremamente reali i suoi interpreti. Ossigeno, come dicevamo, è un libro acuto e complesso che, al di là della storia narrata e dell’inquietante finale, offre una miriade di spunti di riflessione su quello che alberga nell’animo di ciascuno di noi e su come, per citare Paul Bourget, i nostri atti ci seguono. Siamo tutti eredi di qualcuno, ma è forse giusto che le colpe dei padri ricadano sulla loro progenie? La parola ai lettori.
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