Prendi un gruppo di ragazzi borghesi, rampolli della Roma che conta, amici e complici di scorribande, risse, cori con le braccia tese, trasferte, partite allo stadio, feste in discoteca e in ville anche senza invito, i quali, dietro una facciata di studenti e figli modello, si divertono a picchiare persone scelte a caso e, una notte d’estate, prendi la loro auto e falla precipitare lungo un burrone, fino a rimanere aggrappata a una roccia.
È in quel momento, nell’attesa dei soccorsi, che amicizia e complicità vengono messe a dura prova. È a quel punto che la vita presenta loro il conto e l’autoimmunità per le loro scelleratezze, fino ad allora sbandierata come un diritto, si sbriciola come le lamiere dell’auto lungo la scarpata. È in quella notte maledetta che i carnefici si trasformano in vittime, ma non della violenza, bensì dei sensi di colpa, dell’egoismo e della vigliaccheria. Domande scomode reclamano risposte ancora più scomode e arrovellano la loro testa annebbiata dall’alcool.
Fino a dove si è disposti ad arrivare pur di salvare la patina di ragazzo per bene? Pur di non pregiudicare un futuro brillante, progettato a tavolino, che le loro famiglie benestanti danno per scontato? Perché in fondo quei teppisti psicopatici altro non sono che ragazzi delusi, spaventati dalle aspettative dei genitori, schiacciati da vuoti emotivi che s’illudono di colmare con pestaggi e sesso a pagamento. La violenza è l’unico modo che conoscono per esternare il proprio dolore, per urlare la rabbia chiusa dentro estenuanti silenzi affettivi.
Lo stile narrativo di Patrizio Bati è deciso, a tratti sfrontato, talmente potente da far avvertire lo schianto di calci e pugni, le ossa rotte, le nocche insanguinate. Non poteva essere altrimenti. Scene crude, descritte con un linguaggio diretto, feroce, maleducato e intervallate da aneddoti raccontati con meticolosità enciclopedica, che stemperano l’audacia della narrazione e fanno prendere fiato. A mio parere l’autore è stato molto bravo a raffigurare lo spaccato di una società basata sull’apparenza, in cui diventa normale arrogarsi il diritto di fare ciò che si vuole, sempre e ovunque. Non un’idea nuova, ma sicuramente coraggiosa e narrata con talento.
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