Chuah Guat Eng – Echi del silenzio

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Cynthia è morta, e per quanto possiamo immaginare anche il suo assassino. Seguite il consiglio di un vecchio: dimenticatevi di tutta questa faccenda e lasciate che le loro anime riposino in pace.

Chuah Guat Eng, scrittrice malese pubblicata in Italia da Le Assassine, tinge vent’anni di storia del suo paese e dei personaggi che vengono messi in scena in questo complicato gioco di scacchi, di un giallo a volte così ricco di zone d’ombra da confondere il lettore.

Può il silenzio far rumore? A volte sì, soprattutto quando il silenzio non è una scelta volontaria ma è un’identità che ci è stata strappata: in quel caso la sua eco può percorrere distanze temporali inimmaginabili e raggiungerci anche dopo molte generazioni. E’ il rumore di un’occasione mancata, di ciò che sarebbe potuto essere e invece non è stato se al mondo ci fosse stata maggiore giustizia. L’assenza di giustizia talvolta non fa scalpore: ci sono zone della Terra dove i diritti degli esseri umani non sono rispettati, dove le donne vivono ancora in condizioni di inferiorità, dove interi popoli vengono dominati e a volte sterminati. Le loro voci soffocate prima o poi ci raggiungono, proprio come fanno con la protagonista del romanzo. Negli anni ’70 del Novecento, dopo i disordini avvenuti nel suo Paese di origine alla fine del decennio precedente, la malese Ai Lain si trasferisce a Monaco, in Baviera, per motivi di studio. Lo studio cela la voglia di fuggire da una cultura che le va stretta e da tradizioni che non sente proprie, oltre che dalla propria famiglia: una madre a cui si fa poco riferimento, un padre che non riconosce simile a lei. Ad un tratto, dai ricordi del suo passato, fa capolino per alcune pagine la nonna paterna, rappresentazione della tradizione malese e della povertà di un popolo che, dopo la dominazione inglese, fatica a riconoscersi in se stesso e allo stesso tempo a fondersi con l’Occidente e, quando lo fa, lo fa in maniera esagerata, ostentandone i peggiori difetti e manie. Il lettore segue la protagonista nei suoi flash back, ritorna in Germania e vive il nascere della storia d’amore con Michael Templeton, un giovane ricercatore inglese, nato nel distretto di Ulu Banir, dove il padre vive e gestisce una piantagione. La storia tra i due metterà in luce alcuni aspetti della cultura malese e di quella inglese, là dove anni di dominio britannico non sono riusciti a colmare differenze che sembrano veri e propri pregiudizi. Dopo un lungo periodo di conoscenza Ai Lain viene invitata a trascorrere le vacanze nella piantagione dei Templeton ed è qui, intorno a pagina 70, che avviene l’omicidio attorno al quale si svolgerà tutto il giallo: Cynthia la futura sposa del padre di Michael viene assassinata… ma da chi? Il lettore indagherà insieme ad Ai Lain e la risposta arriverà vent’anni dopo, da lontano, molto lontano. Una voce che Ai Lain credeva non avrebbe mai più sentito si farà portatrice di verità, lasciando al lettore e alla protagonista la convinzione che il percorso verso la luce sia doloroso e pieno di insidie.

Una sorta di “Cuore di Tenebra” a tinte gialle che piacerà e intratterrà gli amanti del genere: il lettore potrà cimentarsi nell’essere un meticoloso Sherlock Holmes, a caccia di indizi e potrà indagare, oltre che nel romanzo, anche nella storia di un popolo, quello Malese, di cui non ci è stato raccontato abbastanza.

 

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