Gianfranco Bettin – Cracking

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Celeste Vanni è un ex dipendente del petrolchimico di Porto Marghera, ora in pensione. Ha 63 anni, è alto un metro e ottanta per 82 chili di peso. È uno che “non soffre di vertigini. È salito molte volte ben più in alto, su pareti a strapiombo, sulle quali è anche rimasto a dormire, chiuso in un sacco a pelo, appeso alla roccia nel vuoto”.

Accanto a lui troviamo altri personaggi, alcuni appena abbozzati ma che hanno un peso importante nella narrazione. Nell’appartamento accanto al suo abitano Nico e Debora “la madre, che lo aveva avuto a neanche sedici anni. Il padre, appena più grande, era sparito subito dopo il parto. […]. Nico, snello, statura media, i capelli lunghi fino alle spalle, neri come quelli della madre, che li teneva invece molto corti, e con gli stessi suoi lineamenti fini e occhi scuri, si era da poco laureato in Storia, a ventitré anni”.

Mario, delegato municipale alla casa e al sociale, Bobo il barista, Max, amico di avventure passate non troppo legali, anzi, che viaggia in Ferrari, il commissario Marco Funes che era “coetaneo di Celeste e Max ed era cresciuto negli stessi posti. In realtà era nato in un paesino di montagna ed era arrivato a Marghera a cinque anni, con tutta la famiglia, quando il padre era stato assunto alla centrale elettrica. Aveva solo sfiorato le bande giovanili del quartiere, anche se non era uno che si tirava indietro quando c’era da menare le mani. Ma non era entrato nella banda in cui, neanche quindicenni, Celeste e Max avevano cominciato a farsi strada. Si era arruolato in polizia”. Ci sono Dora, la fidanzata di Nico e altri ancora, come gli operai e le persone morte a causa del Petrolchimico. Tra questi, presenza che aleggia costante nel romanzo e nella vita di Celeste, c’è Rosi, la moglie, la “cosa più bella” che gli sia capitata e che gli è stata strappata via troppo presto.

I luoghi dove si muovono Celeste e gli altri sono quelli di Porto Marghera, sede del Petrolchimico, che ha animato le cronache dagli anni ’60 ai ‘90, a partire dalla sua costruzione considerata come un vero crimine autorizzato. “Nico aveva trovato un atto ufficiale, il Piano regolatore generale del Comune di Venezia del 1962. All’articolo 15 delle “Norme di attuazione”, al terzo comma, c’era scritto: “Nella zona industriale troveranno posto prevalentemente quegli impianti che diffondono nell’aria fumo, polvere o esalazioni dannose alla vita umana, che scaricano nell’acqua sostanze velenose, che producono vibrazioni e rumori”. “Esalazioni dannose alla vita umana… sostanze velenose… vibrazioni e rumori…”: qui, dove già viveva un popolo”.

Che cos’è il cracking che dà il titolo al romanzo? È il cuore del petrolchimico “in una parte contiene un vero inferno, un forno che brucia a più di mille gradi. Vi si immette la virgin-nafta, dai serbatoi là dietro, vicini alla banchina dove arriva con le navi. Dentro, nell’impianto, il reattore la spacca con il calore. Rompe le molecole. Le scompone in etilene, propilene, benzene… Poi, di colpo, viene raffreddata con l’acqua gelida, lì a fianco, per separarne e fissarne gli elementi”. Ma non è solo questo.

Le parole di Bettin ci trasportano con una narrazione fluida, lungo diversi tempi di passato che si alternano senza soluzione di continuità, rompendo le regole dell’ordine cronologico. L’abilità dello scrittore veneziano, originario proprio di Porto Marghera, è quella di aver lavorato su queste intersezioni temporali senza creare inceppamenti, dando al lettore la possibilità di riprendere fiato e poi proseguire, affascinato, catturato, anche arrabbiato perché si tratta sì di finzione ma innestata su una (purtroppo) solida realtà di fatti che fanno parte della nostra Storia, del nostro passato.

E il cracking assume sfumature differenti, è una scissione chimica, molecolare ma anche comportamentale. Rappresentazione fisica di una o più mutazioni, soprattutto dell’essere e della vita di Celeste. Ma non solo della sua.

 

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