Luoghi di libri

Guido Nasi – Il lottatore

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Estate 1999. Vacanza studio a Dublino per imparare la lingua del Bardo. Per Guido, ragazzo irrequieto come ogni adolescente che si rispetti, inizia una vacanza diversa dalle altre trascorse ai soggiorni WWF o al Mulino di Mattie. Inizia un’avventura in cui sa già che vivrà in famiglia, ma non sa che quella famiglia di “allegri dentro”, i Murphy, gli piacerà tantissimo; in cui sa che dovrà frequentare un corso di inglese e lì incontrerà degli amici, ma non sa che lo staranno a guardare mentre la vita gli scivola via scambiando un’aggressione per una banale scaramuccia. Non sa Guido che la criminalità, come nei migliori romanzi di Charles Dickens, in una Dublino ancora affamata dalla povertà dei decenni precedenti, ha le sembianze di bambini che vogliono giocare. Dei gagni come li chiama lui, alla piemontese. Guido ignora che questi gagni siano “protetti” dal loro Fagin, da lui soprannominato “il Verme”, che con una bottiglia di birra ben assestata in testa gli distruggerà la vita per sempre. Anche l’errata analisi della sua situazione all’Ospedale di Dublino farà sì che la vita di Guido non sarà mai più la stessa da quel momento.

Devo essere sincera: Il Lottatore l’ho dovuto leggere due volte prima di poter scrivere questa recensione, perché non ero pronta. “A cosa?” direte voi. Ad incontrare un racconto autobiografico di una sofferenza così grande, da cui traspare, com’è inevitabile che sia , la rabbia e il dolore di un ragazzo che ha visto la sua vita interrompersi a 19 anni e, dopo un lungo momento di buio, ha dovuto ricostruirla, da uomo, con fatica e in maniera diversa da come se l’era immaginata. Non ero pronta ad un libro così nudo e crudo, non romanzato, perché nella mia mente di lettrice, un po’ di revisione del materiale, che smussi gli angoli e non traumatizzi il lettore, mi pareva doverosa. L’ho letto in maniera forse superficiale, in tre giorni. Poi l’ho lasciato lì a macerare, come quando ciò che leggo mi lascia qualcosa di irrisolto. Cosa mi dava fastidio in tutto ciò? Che non ci fosse quel poco di zucchero che manda giù la pillola. Forse perché non tutto può essere mandato giù. Forse perché una storia così, con tanto di consigli utili per chi assiste i pazienti in coma o che comunque hanno vissuto un trauma simile, con tanto di negligenze vissute in prima persona dall’autore da parte del personale ospedaliero, dà fastidio. A chi dà fastidio? Alla mia parte razionale che dice che queste cose succedono sempre agli altri, che certe esperienze le fanno sempre i figli degli altri.

Guido sarebbe potuto essere il figlio di ciascuno di noi.

Da leggere perché raccontare la propria storia dà all’autore la dignità che un uomo (che uomo non è) gli ha tolto vent’anni fa.

Da leggere perché la testimonianza di chi ha vissuto certe esperienze, avvicina le persone che hanno la stessa storia e aiuta a comprendere anche quando una spiegazione al perché la vita sia per alcuni così ingiusta non c’è.

 

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Antonio Mesisca – Un freezer per il morto

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Finalmente è tornato Antonio Mesisca a farci ridere! Sento già le voci di qualcuno di voi che chiede: ma non è un noir? Si vero, è un noir, ma diverso dal solito: abbiamo il morto nelle prime tre pagine del primo capitolo, sappiamo anche chi è stato e cosa l’ha spinto a uccidere, non abbiamo un commissario o un ispettore che primeggia nella storia, ma non sappiamo assolutamente il perché il malcapitato si sia trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato; impossibile mollare il libro prima di averlo scoperto.

Di qui parte il nostro (i libri una volta in commercio diventano dei lettori) insolito giallo. Nemmeno da dire che il protagonista principale sarà l’assassino, che riuscirà involontariamente a contornarsi di una squadra che vorrebbe andargli in aiuto, ma che riesce per mille motivi a combinare solo danni e a trasformare un evento casuale in un tragico evento.

Dovrete leggerlo per capire questo mio giro di parole, ma dovrete leggerlo per divertirvi e per capire quanta ironia riesca a introdurre nella storia Antonio Mesisca, partendo da una banale ferramenta e un evento di società che oggi sempre più spesso ci troviamo a fronteggiare: un cliente moroso.

Scrittura tagliente, divertente, forse un po’ troppo carica di parolacce (siete avvisati se non amate l’interloquire del mondo moderno), ma di una verità assoluta e lucida, costruita con maestria intorno a un’insolvenza.

Il titolo racconta solo una delle tante azioni che l’assassino, o chi per lui, decide di compiere, per tutto il resto niente della vostra fantasia si avvicinerà così tanto a quello che “la squadra” riuscirà a mettere in atto.

Iniziatelo e non ve ne pentirete, perché se non lo avete letto solo per compagnia alla fine vi resterà da meditare: persino vendendo bulloni e prese elettriche si possono avere guai!

 

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Fabio Bartolomei – L’ultima volta che siamo stati bambini

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Il mondo visto con gli occhi dei bambini spesso ci fa sorridere: con la loro ingenuità e la capacità di cogliere con semplicità la reale essenza di azioni e sentimenti, ci mettono di fronte alle nostre incongruenze, alle nostre paure e al modo in cui a volte lasciamo che ci condizionino.

Immaginate però cosa vedrebbero quegli occhi se appartenessero a bambini che vivono a Roma nel 1943.

Bartolomei ci trasporta proprio là e ci narra di coraggio e amicizia, spensieratezza e disincanto; ci racconta di una missione speciale, intrapresa da un esercito altrettanto speciale, composto da bambini che rappresentano tutti i volti dell’ Italia post armistizio, lontani tra loro per storia famigliare, educazione, e ceto sociale, ma uniti dall’unico scopo di “salvare” chi è loro caro da un pericolo e da un’ingiustizia, con l’ostinazione, la tenacia e la purezza che solo dei bambini di dieci anni possono avere. La loro genuinità, descritta con una delicatezza fuori dal comune che arriva dritta al cuore, ci sbatte letteralmente in faccia il nostro egoismo, la presunzione, la smania di potere, l’odio per il diverso, spinti alle loro estreme conseguenze; ci mostra quante volte non siamo in grado di rispondere alle domande dei bambini, perchè non abbiamo il coraggio di spiegare ciò che ci sembra chiaro finchè non lo guardiamo come lo guardano loro e non riusciamo più a comprenderlo.

Ci troviamo a chiederci quando è stata l’ultima volta che noi siamo stati bambini, che abbiamo agito esclusivamente per rincorrere un sentimento o un ideale, solo perchè era giusto senza chiederci nemmeno per un attimo se fosse o meno conveniente per noi stessi. Saremmo capaci di farlo adesso? E ancora: abbiamo davvero imparato dagli errori del passato oppure “passiamo il tempo a preoccuparci che i nostri figli mangino abbastanza, che non prendano freddo e poi scendiamo in piazza a festeggiare la guerra“?

Un romanzo che arricchisce il lettore, impregnato della tenerezza e innocenza dei protagonisti, che ci strappa qua e là qualche sorriso, ma che soprattutto commuove fino alle lacrime.

 

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Marco Revello – Il grande inganno

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Un libro che si lascia leggere volentieri, Il grande inganno di Marco Revello. Uno spaccato di una vita, un rincorrere una società fatta di apparenze, quelle apparenze che in caso di bisogno serio ti girano le spalle.

La scrittura scorrevole, spesso è tagliente per quanto riporta la verità; leggendolo mi sono riconosciuta in tante azioni, mi sono immedesimata in quello che vediamo con gli occhi, ma non vediamo con la mente e con il cuore, ho riconosciuto quello che sempre più spesso gli umani fanno: girarsi dall’altra parte per non vedere e per non prendere coscienza, sempre pronti a gettare sentenze, a inserire paletti, a etichettare quello che si ritiene diverso.

Pensiamo di condurre una vita felice e spensierata: casa in collina, macchina sportiva, ultimo modello di telefono, scarpe sempre lucide e mai con la suola consumata, sediamo su poltrone da manager, agli ultimi piani di grandi stabilimenti o grandi multinazionali, percepiamo stipendi con tanti zeri; poi un giorno il vento cambia, non ci sono più possibilità per risalire la china, bisogna accettare che non eravamo un pilastro indissolubile della società, ma solo una pedina, e allora tutto quello che pensavamo di aver costruito, tutto quello che luccicava di colpo si appanna, diventa salita, fatica, chi pensavi amico ti gira le spalle e la vergogna subentra a peggiorare le cose. Si fallisce, si fallisce sempre più spesso di quanto uno voglia ammettere.

Veramente una bella storia, molto reale e scritta decisamente bene a mio avviso, unico neo, ma probabilmente per una mia intolleranza, troppi cambi di tempo, e spesso ho faticato a centrare il periodo per l’assenza di nomi propri a identificare il personaggio.

Leggetelo, la società di oggi analizzata dalla parte di un ricco e un barbone fa sempre bene per mettere a fuoco cosa ci gira intorno.

 

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Eliana Canova – Ho visto i lupi da vicino

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Nuovo libro per Eliana Canova che vince il Premio Letterario de Il Battello a vapore con Ho visto i lupi da vicino. Questa volta sono qui a parlarvi di un libro per ragazzi.

E’ un periodo in cui il tema principale dei libri che leggo è il periodo storico della deportazione degli ebrei verso Auschwitz- Birkenau; sono partita da un titolo per adulti “Le assaggiatrici”, sono passata a un titolo per scuole superiori e adulti “L’ultima volta che siamo stati bambini” e ora sono qui a parlarvi di Karl, Emma e Eisen.

Tanti sono gli spunti di questo libro: l’amicizia, quella importante, tra uomini, ma anche quella con gli animali; il rispetto, quello che in certi periodi storici si comprava, si barattava per dimostrare la lealtà; la paura, quella di una guerra, quella del non sapere se si riesce a sopravvivere a un campo di concentramento; la fame, il lavoro, la separazione dalla famiglia.

Libro scorrevole, che nonostante racconti di un periodo storico non indifferente, non fa mai calare l’attenzione, ma la voglia di capire le relazioni che si instaurano tra Karl e Emma per sopravvivere non fanno mai avere soste.

Un violino, un lupo, e un legame come l’amicizia spesso sono elementi base per la sopravvivenza a distacco, paura, malattie e guerra.

Non voglio raccontarvi di più di questo prezioso libro, che anche questa volta mi ha insegnato, ha portato a galla nozioni che avevo riposto in cassetti remoti della memoria, un libro che sicuramente consiglio a tutti di leggere: il mondo semplice visto dai bambini, anche in periodo di guerra è sempre quello che più bisognerebbe tenere in considerazione!

 

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