Pif, nella sua semplicità, ha qualcosa di geniale. Sicuramente una grande capacità di affrontare temi scomodi con una leggerezza ed una normalità in grado di arrivare a tutti. Nel parlare, nei film… ed anche nella scrittura.
Perché scomodare i dogmi della morale cattolica, come in …che Dio perdona a tutti, per salvare una storia d’amore è un esercizio tanto realistico quanto pericoloso.
Proiettatevi a Palermo. Prendete un uomo, normale ed accomodante, con una passione smodata per i dolci siciliani. Fatelo innamorare di una bella ragazza di mestiere, guarda caso, pasticcera. Immaginatelo, goffo ai limiti dell’involontariamente blasfemo, imbrigliato in una famiglia tanto cattolica e praticante da sentirsi rimproverare un’eccessiva faciloneria nel professare la propria fede. Proprio come estremo gesto d’amore, Arturo decide dunque di immergersi senza sconti nella professione di una fede pura ed inattaccabile. Per qualche settimana soltanto, un po’ per provocazione ed un po’ per sfinimento. Ecco, avete mai riflettuto su cosa significhi osservare in toto ciò che una religione predica? Un po’ come rispettare in maniera ineccepibile il codice della strada. Regole, non morale; mai sostare in doppia fila, osservare scrupolosamente i limiti di velocità… cose così. Tutto fattibile… finché non finisce con l’intralciare il nostro percorso!
Il rispetto di qualunque regola, sia essa civile o religiosa, diventa relativo a seconda delle occasioni, delle ragioni di comodo e di opportunità. E’ la natura dei compromessi, dell’interpretazione a proprio vantaggio. E chi lo fa notare diventa rompiscatole prima ancora che esempio. E, ovvia conseguenza, la forzata conversione non può che diventare origine di un fisiologico susseguirsi di disastri.
Manca solo nel titolo, prudenzialmente per stessa ammissione dell’autore, il futti-futti che rende appieno il principio generale di questo romanzo; l’idea di come la morale sia comunque posposta all’interesse personale.
Scorrono veloci le pagine di questo libro, con un susseguirsi di personaggi ambigui, simbolo di quest’Italia e delle sue contraddizioni. Linguaggio meravigliosamente semplice che lascia spunti di riflessione e, non secondario, un’insostenibile desiderio di partire immediatamente per andare a tuffarsi in una pasticceria siciliana ed ingozzarsi fino alla nausea.
Peccati di gola …che Dio perdona a tutti.
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