Da Torino a Budapest.
Due città dall’indiscusso fascino esoterico, unite da un sottile filo di una ricerca: il film Drakula halála.
Un a dir poco originale collezionista torinese incarica Susanna Marino, una trentenne laureata in cinema al DAMS e dalla vita alquanto precaria, di ritrovare il film muto degli anni ’20 che porta per la prima volta sul grande schermo il Dracula di Bram Stoker.
Scomparso in Ungheria nella primavera del 1923, la pellicola è divenuta ossessione per i collezionisti del ramo ma chiunque provi a rintracciarla, o riesca a venirne in possesso muore alimentandone l’aurea di film maledetto.
Ciò che colpisce di questo romanzo è la tinta, la sfumatura più scura di buio con cui il lettore è portato spontaneamente ad immaginare le scene e i dialoghi man mano che si addentra nella lettura. Che sia di giorno o, a maggior ragione di notte, ci si sente costantemente avvolti da ombre inquietanti dove ciò che gira intorno alla protagonista non appare mai certo né definitivo.
La presenza del famoso Vampiro è intrinseca e costante benché non si palesi mai, cedendo le luci della ribalta ai drammi e ai ben più tragici ed efferati crimini perpetrati dagli umani.
Viaggiamo con Susanna e affrontiamo con lei ogni passo e ogni conquista dell’ardua ricerca. Sfidiamo gli ostacoli e le situazioni più impervie di un gioco mortale dal quale però, sembriamo non potere più tirarci indietro. Il nostro sguardo si appanna sotto i colpi della narcolessia di cui Susanna soffre, e respiriamo affannosamente con lei mentre ci perdiamo nei labirinti della Budapest sotterranea.
Tutto quel buio è la quarta puntata della serie, dopo Tutto quel nero, Tutto quel rosso e Tutto quel blu, che vede come protagonista Susanna Marino. La scrittura è avvincente e la trama dosa sapientemente i colpi di scena così da trattenere l’interesse costantemente appeso ad un filo fino all’epilogo. Il solo appunto che mi sento di fare, è che se si incappa in questo episodio senza aver letto i precedenti, la scarna presenza di riferimenti a quanto accaduto nel recente passato della protagonista, rende ostica la comprensione delle citazioni e i risvolti psicologici del suo vissuto.
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