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Terminata una nuova avventura: voi sapete come si uccide? In E’ così che si uccide Mirko Zilahy lo spiega in modo molto dettagliato.
Se non amate thriller troppo cruenti questo non fa per voi, ma se amate i profiler, e i thriller psicologici siete tra le pagine giuste. Mirko Zilahy non usa mezzi termini, e voi non potete che amarlo od odiarlo, anche qui senza sfumature.
All’inizio ho veramente faticato: troppe descrizioni, troppo ritornare a raccontare posti già citati e letti, ma la calamita messa in tasca a Enrico Mancini è talmente forte che ti fa traghettare oltre e non ti dà scampo. Devi capire chi, cosa, perché, movente e assassino, non puoi non arrivare all’ultima riga. Passate le prime cento pagine il commissario Enrico Mancini non potrete per nulla accantonarlo.
Questo personaggio, uscito dalla penna di Zilahy è triste, burbero, con modi da non usare mai, ma è magnetico, è l’uomo che incontri e non ti lascia mai indifferente. Magico, come la squadra di cui ho apprezzato ogni singolo componente.Un romanzo duro, crudo, con descrizioni di una Roma improbabile e diversa, ma spettacolare in ogni suo angolo, anche dietro l’obbiettivo della macchina fotografica di Caterina.
Un sussegursi di morti e di colpi di scena, fino al termine, tenendo sempre ben presente argomenti come abbandono, malattie, tristezza.
“Il mondo visto frontalmente è illeggibile” mai frase più vera nei miei pensieri, ma sarà proprio così? Cosa vorrà farci capire l’autore con questa frase?
Leggetelo lo scoprirete. Al momento io vado a leggere la seconda indagine del Commissario Mancini, che sono sicura non mi deluderà nemmeno questa volta.
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